giovedì 30 ottobre 2008
20 GIORNI, VENTI NOTTI
La Repubblica per cui lottiamo, s' inTENDE!
Grugliasco, Torino, Domenica 26/10/2008
Dal campeggio d'occupazione delle Facoltà di Agraria e Medicina Veterinaria Università di Torino.
Cara Italia,
Siamo qui ormai da venti giorni sai? Accampati nei prati delle nostre Facoltà, Agraria e Medicina Veterinaria. Sentiamo forte l'esigenza di portare testimonianza a qualcuno di queste giornate che stiamo vivendo, e così abbiamo deciso di raccontarle a te, di scriverle in forma di lettera ad un ragazzo, o ad una ragazza, ad uno che verrà dopo di noi, dopo questa nostra piccola grande battaglia.
Abbiamo scelto di chiamarti Italia per ricordarci, e ricordare a tutti, il nostro attaccamento alla Repubblica che porta il tuo nome: quella fondata sul lavoro; quella in cui l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; quella, insomma, costruita dai nostri nonni partigiani con la guerra di liberazione.
Tutto è cominciato per noi, quando a fine settembre, con troppo ritardo, l'università italiana si è resa conto che una legge di stato andava contro a quello che la Repubblica deve difendere: un'istruzione pubblica, libera, e garantita a tutti, fino ai gradi più alti.
Ecco, Italia, ora il nostro governo, con i suoi provvedimenti ci dice che non sarà più così.
Bisognava fare qualcosa. Qualcosa di più di appendere qualche striscione e lasciare che il vento e la pioggia lo facesse stingere, qualcosa di diverso che bloccare le lezioni, perchè sottarci proprio il diritto allo studio per cui vogliamo lottare?
“ Ma pensa che figo sarebbe piantare le tende qui e abitarla la nostra università!”- è tutto iniziato con questa frase, un po' buttata lì, tanto per interrompere un silenzio troppo lungo.
E poi... bhe, poi a tutti sono cominciati a brillare gli occhi: tutti hanno cominciato ad immaginarsi il prato davanti alle aule studio pieno di tende colorate e fuochi di bivacco! E allora la frase lanciata lì si è trasformata: si è cominciato a discuterne seriamente, e subito dopo le discussioni si è cominciato a fare: a fare davvero qualcosa! FARE! Quanti sanno ancora tirarsi su le maniche e mettersi a fare qualcosa, farlo per se stessi e per gli altri senza che ci sia un confine: tra lottare per migliorare la propria condizione e lottare per gli altri; con e per i precari, poco più grandi di noi che si trovano senza più speranza di un futuro stabile se si bloccano le assunzioni, con e per i nostri docenti e ricercatori che si trovano sempre più impossibilitati al lavorare per noi e per il paese, per le famiglie che si troverebbero a non poter più pagare l'istruzione a i propri figli, per quelli che verranno dopo all'università, come te, e non è giusto che trovino gli effetti disastrosi della politica di questo governo senza che si sia almeno provato a RESISTERE.
Quindi abbiamo deciso: facciamo qualcosa che si veda, che abbia forma colore e consistenza.
Abbiamo messo su un piccolo villaggio, di circa 40 tende, siamo qui, a turno, anche sabato e domenica, tutte le sere, a volte tanti, a volte pochi. Dalle sei, quando terminano le lezioni ufficiali, qui si accende il fuoco, vicino al focolare si tengono assemblee, seminari, si organizzano insieme ai docenti lezioni in piazza per il giorno dopo, si discute e poi si cucina per tutti e si fa anche festa, perchè non si resiste senza un po' di allegria, non invece vogliamo resistere e a lungo, ci siamo costituiti in una piccola società, di cittadini coscienti e consapevoli, qualsiasi sia la strada che ci troviamo davanti, ora, sappiamo camminare, sappiamo quali sono i nostri obiettivi, i valori che vogliamo difendere, non ci fermeranno tanto facilmente, tantomeno desisteremo per qualche “avviso ai naviganti”.
A presto Italia,
vieni a trovarci,
Elisa Mascetti del collettivo “IL FAGGIO” e
l'Assemblea del LIBERO CAMPEGGIO OCCUPATO
domenica 26 ottobre 2008
Convivenza
martedì 21 ottobre 2008
A volte tremo nel considerare la mia persona. Forse sono un carattere troppo forte, forse ci vogliono davvero due testicoli grossi come quelli di un toro per avere il coraggio di starmi a fianco. E mi faccio paura perchè quando scelgo, la via è quella e la mia determinazione è talmente potente da concepire un MAI. E' una parola grossa,anche se solo di tre lettere, che mischiandosi però possono comporre un AMI... così pensando all'amore vado dal mio guru e gli chiedo:
“Papà, come farò allora a capire quando sarà l’uomo giusto?”
“Beh è un po’ come quando la gatta ha fame,non te lo dice ma te lo fa capire, lo capirai, ceo…”
domenica 12 ottobre 2008
MI LAUREOOOO!!!!
lunedì 6 ottobre 2008
Gente resistente
SCRUTINIO TERMINATO: HANNO VOTATO 24.094 VICENTINI
Ottobre 5, 2008 by nodalmolin
Lo scrutinio della consultazione popolare sul futuro dell’aeroporto Dal Molin è terminato da pochi minuti; hanno partecipato 24.094 cittadini pari al 28,56% degli aventi diritto al voto. Di questi, 23.050 voti espressi, pari al 95,66%, sono sì, ovvero voti favorevoli all’acquisizione, da parte del Comune di Vicenza, dell’area del Dal Molin; 906 voti sono no, pari al 3,76% dei voti espressi. Le schede bianche sono 92 (0,11%), quelle nulle 46 (0,05%).
La consultazione popolare organizzata dal comitato che raggruppa tutte le realtà contrarie alla realizzazione della nuova installazione militare statunitense, dunque, ha coinvolto migliaia di vicentini che, in questo modo, hanno risposto all’atto di dispotismo del Consiglio di Stato il quale, appiattendosi sui desideri del Governo, aveva annullato il referendum ufficiale promosso dall’Amministrazione comunale.
I seggi sono stati aperti dall 8.00 alle 21.00 grazie alla presenza di centinaia di volontari; lo spoglio, effettuato da un comitato di garanti, è stato ultimato presso il Media Center di Piazza Castello sotto gli occhi di centinaia di cittadini.
domenica 5 ottobre 2008
Respirare l’odore di alcol e antisettico che pizzica le narici.
Il mio respiro è regolare, non ho paura.
Non ne ho più.
E’ un rito.
Tutte le volte che torno.
Provetta con tappo viola per emocromo, tappo rosso per ds DNA autoanticorpi, la provetta per la tipizzazione linfocitaria.
Sul tavolo vacuetainer, ago a farfalla, blu. Garzine imbibite di disinfettante.
Mi stinge il laccio emostatico appena sopra all’incavo del gomito, lì teso a strozzare il mio bicipite ben poco sviluppato. Mi guarda il polso:
“Sei molto magra” dice ”Sei dimagrita ancora?”
No.
Le mie vene blu, si vedono bene , la mia pelle è trasparente.
Si gonfiano.
Mi piacciono le vene gonfie, pare che stiano per esplodere da un momento all’altro e schizzare sangue sui muri.
“Fai pugno”
Affondo le unghie sul palmo della mano. E stringo forte.
Odio stringere il pugno. Mi sembra sempre che la mia mano per quanto tesa al massimo dello sforzo non sia abbastanza potente da trattenere l’invisibile che sfugge tra gli spiragli delle dita.
Tutte le volte mi ripropongo di non guardare quando l’ago trafigge la cute per affondare nel torrente circolatorio e attingere al mio sangue. Ma tutte le volte i miei occhi sono fissi sulla bietta che perfora la mia carne.
E’ in vena al primo colpo.
Un fiotto di sangue percorre il primo tratto della cannula per poi fermarsi. Inserisce le provette una dietro l’altra e il sottovuoto risucchia velocemente il mio sangue dalle vene.
Sono sicura che stavolta le analisi andranno bene.
“Ti ho fatto male?”
Rispondo di no.
Snoda il laccio, molla il pugno, premi forte e stai seduta che se no forse svieni.
“Ricorda che alle due hai l’eco”
Alle due ecografia. Esco. I miei mi guardano. Quegli occhi fissi di mia madre
“Si vede che stai male, hai sempre un aspetto così malaticcio”
La guardo e comincio a contare nella mente: 1, poi 2, e 3… Me l’ha insegnato mio padre, anche lui lo fa ogni tanto, ma con le dita.
“Non hai il fisico, devi capire che non puoi andare avanti così”
4, 5, 6, 7 e storco il naso, mi pizzica la lingua e vorrei risponderle
“Hai dei limiti, ‘varda che occhiaie, che oci pesti..”
8, 9, 10…chiudo gli occhi e respiro a fondo
“Come sei pallida, fai preoccupare i tuoi genitori..perchè quando stai male tu, stiamo male anche noi!”
11, e penso che adesso arriva l’ondata dei ricatti morali…
“Già tuo padre, anche tu?”
12, 13 e il 13 porta sfiga, come il viola e allora attacco..
“Io sto bene, mi sento be…”
“NO!tu ti senti bene, ma le tue analisi dicono di NO!!!!Vuoi mettere la testa a posto?"
.
E c’ho un nervoso che mi sale lungo tutto il rachide e mi pizzica alla base del collo, mi si intesiscono i quadricipiti. Ma siete tutti pazzi? Ma la smettiamo di farmi apparire quella che non sono? E lo faccio.
La mollo a blaterare e mi fiondo sul maniglione antipanico, spalanco la porta e raggiungo il corridoio che dà accesso alle scale e comincio a correre giù. Sento che mi insegue, sento che la sua rabbia è triplicata, sento il suo sguardo addosso mentre si sporge dal corrimano, ma so che cosa devo fare: corro giù, ancora più veloce.
Un-du-tre-qua-cin-se-set-ott-nov-diec scalini, pianerottolo, e di nuovo un-du-tre-qua-cinq-se-set-ott-nov-diec scalini e reparto di Neurologia. Ancora scale stavolta due a due e comincio a sorridere, arrivo in Pediatria dove alle pareti ci sono i disegni dei bimbi, coloratissimi e stilizzati. Scale scale e reparto di Ortopedia. Il sorriso mi si allarga, la tensione si allenta, il mio corpo fluido e automatico va come un treno.
Sembra un meccanismo perfetto, com’è possibile che io stia davvero così male? Non è vero. Scale. Sorpasso un dottore, e arrivo a Nefrologia. Ancora giù. Un passo dietro l’altro, sempre più veloce. Niente sguardi di mia madre, niente parole, niente ramanzine. Reparto di Ginecologia. Corri giù sono sei piani per arrivare all’atrio principale. Quando arrivo al piano terra faccio un balzo. E rido tantissimo.
So orientarmi.
Cosa molto difficile da fare in un ospedale ma in fondo quando hai imparato a districarti in un labirinto, gli altri sono su per giù tutti uguali. Questo però lo conosco bene. Mi ci hanno portato tante volte, e ci hanno portato anche mio papà. Do una fugace occhiata ai corridoi che si diramano. Scelgo quello dove ci sono i distributori automatici, e a passo sostenuto lo percorro. Passo a fianco all’edicola, arrivo alla cappella. Dentro c’è una bellissima Madonna scolpita nel legno. Mi è sempre piaciuta quella statua. Mia mamma mi portava in cappella a pregare, io stavo in silenzio e mi chiedevo che cazzo ci facevo io lì. Assecondavo i desideri di mia madre, perché le voglio bene e so che lei ci tiene. Così per far scorrere il tempo guardavo quella statua e immaginavo l’albero dal quale l’avevano scolpita. La foresta alla quale l’avevano strappata. Le mani del falegname che ci avevano lavorato giorno e notte, il rumore dello scalpello, della raspa. Peccato che la maggior parte dell’arte italiana sia di quasi esclusivo soggetto religioso. In fondo quel volto così delicato, quello sguardo da mamma e quei veli così morbidi potrebbero solo essere quelli di una contadina qualunque, magari della moglie di un falegname, resa immortale della sua arte, e ora pregata in quella cappella da tante mani congiunte e gambe genuflesse a chiedere una grazia.
Ancora scale. Stavolta salgo. Un-du-tre-quat-cin-se-set-ot-nov-dieci pianerottolo un-du-tre-quat-cin-se-set-ott-nov-dieci. Non me la cavo affatto male nemmeno in salita anche se sono ancora digiuna, dalla sera prima, e mi hanno fatto un prelievo. Ma possibile che io stia male? Reparto Radiologia. Mi piace, è tutto nuovo. Ci sono delle enormi vetrate, è più luminoso degli altri reparti. Sto in realtà ancora scappando. Passo a fianco all’accettazione, a un ragazzo col gesso al braccio, coi capelli pieni di gel conglutinati in una piccola cresta, a una vecchia in carrozzina spinta da un infermiere. Mi fiondo in bagno. Chiudo la porta a chiave. Poggio le spalle contro il muro di mattonelle bianche. Mi avvicino al lavandino. Ho fame, ma devo rimanere a digiuno fino alle due per l’eco. Faccio scorrere l’acqua fredda sui polsi, metto le mani a conca così da raccogliere l’acqua e gettarmela in faccia. Mi guardo allo specchio. Ho i capelli della frangetta umidi e appiccicati alla fronte. Ho gli occhi stanchi, ma chi non li avrebbe al posto mio? Sono un po’ pallida, ma non ho fatto le vacanze al mare, anzi non le ho proprio fatte. Mi guardo e tutto sommato non mi vedo così male.
Mi sorrido e penso che la mia corsa è finita: TANA LIBERI TUTTI!!!!
attarantate
il mercoledì "ai terminal"
piedi che pestano,
braccia che girano ma lo sguardo
è fisso sull'estintore.
tum tatu tum del tambureddu.
il sorriso di chi balla spalla contro spalla.
Ti fisso, ti sto puntando, ti sto puntando...
piccoli passetti dello zoppo.
ci fissiamo
giriamo
pestiamo mille tarantole
siamo attarantate
siamo ancora
piedi che avvitano e poi si smontano
le ginocchia
ma noi pestiamo ancora
attarantate
siamo
ancora ancora, ancora, ancora e ancora
(àncora àncora e zavorra, ma presto farfalle sul volo della pizzica)
Sta donnì,accomme j'eia fà p' amà 'sta donni?
Ah de rose ce l'eja fà nu bellu giardini,'ndorne
pe 'ndorni l'eja annammurari,di preta preziosi
e ori fini,ammezzi 'nce l'eja cavà 'na brava
funtani,j'eja fà corri l'acqua surgentivi,'ncoppa
ce lu metto n'auciello a cantari.Cantavi e repusavi
bella dicevi:e pi vui so' addivintati n'auciello,
pi farimi 'nu suonno accanto a voi bella madonna.
Me l'ha fatto 'nnammurà la cammenatura e lu parla',
si bella tu nun ce jve 'nnammura' nun me facive,
ah uei lì uei llà.Ah pi 'nciuè 'sta 'ncagnata che vuò da me,
mammeta lu sape e lo vò dicere pure a me.
la nostra ballerina... per un ripasso prima di mercoledì e per chi non c'era!!!
venerdì 3 ottobre 2008
Il "mio" discorso
Allora il partito dominante segue un'altra strada ( è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci) comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle, lasciano che si anemizzino e comincia a favorire quelle private... Gli esami sono più facili, si studia meno, e si riesce meglio...Questa è la ricetta: bisogna tener d'occhio, i cuochi di questa bassa cucina.
Rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni..."
Piero Calamandrei
al III Congresso dell'associazione a difesa della Scuola Nazionale. 11 Febbraio 1950
giovedì 2 ottobre 2008
"Certo però anche la libertà ha le sue regole: il rispetto, l'onestà, l'integrità morale, altrimenti qualsiasi virtù scivolerebbe in vizio"
"Come la verità sta nel silenzio, la forza è nella quiete, non c'è lotta senza pace interiore"