venerdì 11 aprile 2008

La città verde di Jacopo Fo

Nel 1978 avevo 23 anni, vivevo a Roma e lavoravo al "Male" che era un settimanale satirico di grande successo. Mi ero innamorato follemente di una ragazza che girava con un poncio a strisce rosse e arancioni e una bombetta marrone in testa. All'inizio del '79 mi trasferii con lei in Umbria, sulle colline tra i boschi. La linea era: due cuori e una capanna. Fu un'estate meravigliosa. A ottobre lei mi lasciò per un conte e io mi resi conto che nella casa, che nel frattempo avevo comprato, non c'era il riscaldamento, ci pioveva dentro e le finestre avevano degli spifferi tipo tunnel del vento. Fu un inverno molto gelido quello del '79. Uno che ha sempre vissuto circondato dai caloriferi ha difficoltà a capire quanto si possa avere freddo senza. Di giorno lavoravo con alcuni amici a togliere l'intonaco marcio dalle pareti. scalfendo il terriccio tra pietra e pietra, alla sera mi infilavo un secondo cappotto e mi mettevo a letto. Dormivo sopra un materasso umido e due dita di terriccio. Ed ero anche depresso per via che lei mi aveva lasciato. Nell'estate del '79 la mia casa diventò una comune hippy. C'erano intellettuali milanesi, disegnatori romani, ex rapinatori di Bergamo, tossicomani che si disintossicavano, ecologisti svizzeri, spiantati iugoslavi e dodici mucche, di proprietà dei miei coinquilini. Gliele aveva regalate il conte con cui la mia ragazza era fuggita. Una specie di risarcimento trasversale. All'inizio del 1981 scappai in Francia perché ero convinto che la polizia mi desse la caccia. Avevano arrestato un centinaio di miei ex compagni dell'Autonomia Operaia e il mio nome era su tutti i giornali. Dopo un mese, visto che nessuno mi era venuto a cercare, tornai in Umbria. Avevo due capi di imputazione ma non c'era mandato di cattura (alla fine fui assolto perché le accuse non stavano in piedi, ma questa é un'altra storia). Quando uno dei miei coinquilini saltò sul tavolo sguainando la roncola per fare una strage, capii che forse volevo starmene da solo per un po'. Dall'autunno all'estate del 1981 restai solo. Era un po' dura, impastavo piadine, cucinavo minestroni col riso integrale, piantavo alberi da frutta e stavo per ore seduto nel bosco. Per la prima volta in vita mia ogni tanto mi sentivo tranquillo. In primavera venni a sapere che il padrone di casa voleva far tagliare 400. 000 metri quadri di bosco che circondavano la mia casa. Ero disperato ma non avevo i soldi per comprarli. Nel frattempo mio padre mi disse che voleva aprire una scuola di teatro. Boschi e teatro non c'entravano un granché ma io sostenni che una buona scuola di teatro funziona meglio se intorno ci sono delle querce secolari. I miei genitori accettarono l'idea. Sospetto che mi abbiano assecondato perché pensavano che fossi matto e che magari, dovendomi occupare di qualche cosa di più pratico che fare vignettine per il "Male" , forse sarei rinsavito. In effetti credo che avessero ragione. Giravo coi sandali e i piedi sporchi, avevo la barba e i capelli lunghi e pieni di nodi, guardavo gli olivi contorti e mi mettevo a piangere sentendo quanto avessero sofferto. Facevo meditazione ed ero in preda a una botta mistica solitaria. Esploravo quel territorio che sta al di là della normale percezione del mondo. Non sapevo cosa stessi cercando e comunque non la trovavo. Iniziarono i preparativi febbrili, nell'estate del 1982 volevamo iniziare i corsi estivi della Libera Università di Alcatraz. Nel gruppo di gestione iniziale c'erano commercianti ambulanti, fotomodelle, veterinari, agricoltori biologici e artisti di vario tipo. Dopo un paio di mesi di discussione decidemmo la data di inizio dei lavori. La mattina del giorno fissato non si fece vedere nessuno. Così capii che forse non erano molto convinti.

Continua....per il seguito http://www.alcatraz.it/cittaverde/index.html

1 commento:

Artemisia G. ha detto...

beh dai siamo sulla buona strada...ci manca solo la fotomodella e qualche ambulante....e dei genitori che ci comprino 400.000 mq di bosco. ma anche noi troveremo la strada, al massimo una di noi si sposa un conte e...