martedì 29 dicembre 2009

E' nato! E' nato!

Si narra da secoli che a Natale ricorra la nascita di un bambinello...
Invece in tale periodo dell'anno, quasi sempre al freddo e al gelo, prendono vita le produzioni absinth :) e non certo per opera dello spirito santo, ma per colpa di un regista scapestrato che coinvolge parte di noi streghe nei suoi folli progetti...
Ebbene questo 2009 si conclude con la realizzazione di un nuovo corto dedicato conto la violenza sulle donne all'interno del concorso di youtube "action for women".

Non sarà facile volare a Venezia, ma se sarà selezionato dalla giuria e votato a furor di popolo a partire dal 28 gennaio (quindi vi voglio tutte pronte con il dito allenato per il clik e con le pozioni giuste per spargere la voce ai quattro venti), prometto di fare un figurone sul tappeto rosso della mostra del cinema di venezia 2010 cercando di non inciampare o peggio urlare come una pazza isterica per una rasetta di un piccione che si crede un paparazzo...

Vi auguro buona visione invitandovi a commentarlo anche su youtube

lunedì 28 dicembre 2009

prima del repertorio

fa parte dei miei ricordi di infanzia,
la trovo molto versatile ad una libera reintrepretazione
anche di spirito teatrale...
immaginatevi per la strada..
piazza castello ad esempio.
inizia la prima schioccando le dita a tempo,
si avvicina la seconda che prima passeggiava
per i fatti suoi, si proprio come una cosa casuale,
e così fa la terza e via dicendo ..
fino iniziare

ye ye ye yè!

Non te ne andare
da chi non t'ama
e dimmi se c'e' chi puo' amarti piu' di me

fino ieri eri tu
che cercavi di me
oggi invece qualcosa e' cambiato perche'
tu vai via da me

non te ne andare
da chi non t'ama
da chi non ha per te
pianto una lacrima

dimmi cosa farai quando t'accorgerai
che le ore piu'belle
eran quelle che tu passavi con me

a me basta che torni,
non mi devi dir niente
ci saran tanti giorni per salvare il nostro amor

non te ne andare
da chi non t'ama
e dimmi se c'e' chi puo' amarti piu' di me

fino ieri eri tu
che cercavi di me
oggi invece qualcosa e' cambiato perche'
tu vai via da me

a me basta che torni,
non mi devi dir niente
ci saran tanti giorni per salvare il nostro amor

non te ne andare
da chi non t'ama
e dimmi se c'e' chi puo' amarti piu' di me

fino ieri eri tu
che cercavi di me
oggi invece qualcosa e' cambiato perche'

tu vai via da me
tu vai via da me
tu vai via da me.

domenica 27 dicembre 2009



Ora
.

Qui
.
E' tutto l'oggi che ci serve
troppo di ieri
e abbastanza di domani.




"...
di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano,
uno dei più preziosi,
e più comuni al tempo stesso,
è il sonno.
Chi dorme poco o male,
sostenuto da molti guanciali,
ha tutto l'agio per meditare su questa voluttà particolare.
Ammetto che il sonno perfetto
è quasi necessariamente un'appendice dell'amore:
come un riposo riverberato, riflesso in due corpi.
Ma qui m'interessa quel particolare mistero del sonno,
goduto per se stesso,
quel tuffo inevitabile nel quale l'uomo,
ignudo,
solo,
inerme,
s'avventura ogni sera in un oceano,
nel quale ogni cosa muta
- i colori,
la densità delle cose,
persino il ritmo del respiro,
un oceano nel quale ci vengono incontro i morti.
Nel sonno,
una cosa ci rassicura,
ed è il fatto di uscirne,
e di uscirne immutati,
dato che una proibizione bizzarra
c'impedisce di riportare con noi
il residuo esatto dei nostri sogni.
Ci rassicura altresì
che il sonno ci guarisce dala stanchezza;
ma ce ne guarisce temporaneamente,
e mediante il procedimento più radicale
riuscendo a fare che non siamo più.
Qui,
come in altre cose,
il piacere e l'arte consistono
nell'abbandonarsi deliberatamente
a quest'incoscienza felice,
nell'accettare di esser sottilmente più deboli,
più pesanti, più leggeri,
più vaghi dell'esser nostro.
Tornerò in seguito sulla popolazione prodigiosa dei sogni:
preferisco parlare di certe esperienze di sonno puro,
di puro risveglio,
che confinano con la morte e la risurrezione.
Cerco di riafferrare
la sensazione precisa di certi sonni fulminei dell'adolescenza,
quando si piombava addormentati sui libri,
ancora vestiti,
e dalla matematica o dal diritto
si era trasportati
d'un tratto
entro un sonno duro e compatto,
denso di energie potenziali,
tanto che vi si assaporava,
per così dire,
il senso puro dell'essere
attraverso le palpebre chiuse.
Evoco i sonni repentini sulla nuda terra,
nella foresta,
dopo estenuanti battute di caccia:
mi destava l'abbaiare dei
cani,
o le loro zampe ritte sul mio petto.
Era un'eclissi così totale che,
ogni volta,
avrei potuto ridestarmi diverso,
e mi sorprendevo
- mi dolevo, a volte -
della disposizione rigorosa
che mi riconduceva da così lontano
nell'angusta particella di umanità che è la mia.
In che cosa consistono
le caratteristiche alle quali teniamo di più,
se contano così poco per chi dorme,
e se per un istante,
prima di rientrare di malavoglia nel mio guscio di Adriano,
giungevo ad assaporare quasi coscientemente quell'uomo vuoto di sè,
quell'esistenza senza passato?
...
Ma ci occupiamo tanto poco
di un fenomeno che assorbe
almeno un terzo dell'esistenza di ognuno di noi
perchè è necessaria una certa dose di modestia per apprezzarne i doni:
Caio Caligola e Aristide il giusto
si equivalgono nel sonno.
Io depongo i miei vani e pomposi privilegi,
non mi distinguo più dal guardiano negro
che dorme di traverso davanti alla mia porta.
Che cos'è l'insonnia
se non la maniaca ostinazione della nostra mente
a fabbricare pensieri,
ragionamenti,
sillogismi
e definizioni tutte sue,
il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi
o alla saggia follia dei sogni?
L'uomo che non dorme
- da qualche mese
a questa parte ho fin troppe occasioni di constatarlo su me stesso -
si rifiuta più o meno consapevolmente
di affidarsi al flusso delle cose."

Yourcenar, Memorie di Adriano




nel mondo degli adulti


"mi hai fregato."

si, purché tornassi a casa.
ho sempre la stessa paura da bimba
quando esci sbattendo la porta
e non so dove vai.

forse sarebbe meglio,
se ognuno vivesse per conto suo.
meno rancori che tornano a galla,
accumulati in anni di convivenza
che renderebbero insopportabile
anche il tuo migliore amico.

le apparenze. i parenti.
contano più della felicità
che si è saputa condividere,
di ciò che si è riusciti a costruire insieme,
con fatica e sudore
con impegno e difficoltà,
in salute e malattia
nella gioia e nel dolore,
...

bla, bla, bla.


sabato 26 dicembre 2009

SERVIZIO

sono cresciuta con questo fare.
Ci credo.
Chiamo valore il servizio.
dedicare una parte di te alla costruzione di qualcosa che non ti viene in tasca direttamente ma ti arricchisce e costruisce come persona passando attraverso altri e altre realtà.
ti aiuta a mantenere in salute la bilancia che hai dentro, quella che ti fa capire che peso dare
alle vicende della vita.
Per cosa è necessario disperarsi, per cosa è bello gioire. quali sono le vie di mezzo. penso che le nostre bilance si costruiscano in base alle nostre esperienze, i vissuti e le persone che incontriamo. gli insegnamenti.
Ho bisogno di fare servizio per me.
ci credo anche come scelta politica.
ci credo come scelta etica.
vi invito
penso sarebbe davvero bello fare un esperienza di srvizio insieme.
pensateci.
vi invio il riferimento di un'associazione che gestisce una mensa ed una comunità, oltre ad avere
molti altri progetti...
non la vonosco ma mi son imbattuta in questa in quanto unica associazione
non cattolica ad occuparsi di senza tetto nel comune di Torino.
lavora anche con il carcere e i minori ma troverete tutte le spiegazioni sul sito.
io non l'ho guardato nel dettaglio perchè non ho internet a casa.
infatti ora scrivo da casa fattanza che ringrazio per l'ospitalità!
a presto vecchie!
www.la-ragnatela.it

COMPLESSI

Complessi, complessini..
ognuno ha i suoi.
pensandola in modo contrario
si può sicuramente affermare che avere un complesso
è anche un modo di esprimersi.
rappresentativo.
a ciascuno il proprio...
ma come si crea un complesso?
si autocostruisce?

...decidiamo di farne parte...
mi sono accorta che siamo
musica.
io l'ho sempre avuto il complesso
ciascuno ha il suo, come già si è detto.
ognuno il proprio suono.
tutti con la stessa importanza ma ciascuno con il proprio ruolo,
fondamentale per il complesso.
Propongo quindi
un complesso che abbia un repertorio corale di
canti partigiani e mondine,
per poi arrivare alla musica degli anni '50-' 60-'70... ponendo
come limite tassativo gli anni 80 (per comprendere anna oxa).


martedì 22 dicembre 2009

Zoppicando verso un qualche futuro...


Risiko è un gioco che mi inquieta profondamente.
Innanzitutto è E T E R N O ,come il monopoli...e questo non va bene,specie se stai perdendo miseramente (una volta ho chiuso in perdita di 253 mila lire...avevo otto anni)
In secondo luogo mi stufa...cioè già al secondo giro sto guardando fuori dalla finestra chiedendomi quanto durerà ancora.
Terzo, gli obiettivi sono qualcosa di mostruoso..."le armate gialle devono conquistare V E N T I Q U A T T R O territori" oppure,"le armate verdi devono distruggere le rosse e conquistare l'asia,l'europa e l'africa"...ma dico vi pare possibile?...ho già fatto fatica a leggere fino in fondo la consegna!

Questo per dire che non sono una brava stratega, non amo le battaglie campali, non riesco a vincere nemmeno quando si gioca a fissarsi negli occhi per vedere chi ride prima...per cui figuratevi in amore quanto possa durare il mio proposito di resistere e lottare...
a dire la verità non penso di aver perso parlandogli...la situazione era insostenibile e mi sentivo bloccata...ora almeno so, so che lui sa e so che non c'è futuro...sì lo sapevo anche prima,ma il confronto aiuta a chiudere.Penso di aver vinto,mi sento più leggera, più "grande", più in grado di affrontare ciò che mi aspetta....perchè non sarà facile,non lo sarà per nulla,ma ho fatto la cosa migliore.Per tutti e due e per chi ci sta intorno.

venerdì 18 dicembre 2009

Davanti a un foglio bianco



Sono almeno due giorni
che davanti a un foglio bianco
rovisto tra i tasti del computer.

Fiuto i ricordi
per inseguire le parole giuste.

Da raccontarlo.


Temo di non poter spiegare
le vene che pizzicano

i polmoni che si restringono
il fiato solido delle grida al cielo di Copenhagen
e il desiderio che attraversa le barriere

per arrivare al Bella Center.
Ho occhi e cuore di delusione
perchè coloro che dovrebbero essere grandi

non sono davvero all'altezza.




E' strano tornare.

E' strano avere un letto caldo
e un sacco di cose scontate
che scontate non sono.


Dovrei essere stanca.
Non ho dormito.
Ma sono i momenti così pieni da soffocarti
che ti caricano.
Troppi i pensieri
per il silenzio del sonno.
Sono tesa
ma ho imparato a non spezzarmi più.
Sono una nota di chitarra
troppo acuta
e che sfugge dalle sbarre

di un pentagramma
che vorrebbe ingabbiarla.



Posiamo lo zaino.
Casa.

Sempre troppo stretta.

Ora. Nessuno.
Prima una fiumana.
Ora.
Silenzio.
Prima...





Sono un clown,
con la faccia dipinta,

un sole sull'occhio sinistro

e verde.
La bocca grande
in un perenne sorriso.

Mary che è alta tre volte tanto
lei valchiria
grande, solida

mi regala un naso rosso come lampone
che indosso davanti allo specchio.
Irrompiamo nelle ambasciate
fingendoci rifugiati climatici in cerca di un paese.
Nessun ambasciata ci vuole.




Qualcuno sulle scale grida

“Take a pictire on your mind
you'll remember this moment forever”


Freddo,
la notte decisa del Nord

tra briciole di stelle

noi
vicine

come nell'estate
come sempre

come un tempo che è al di là del tempo
che non finisce mai
perchè mai è iniziato

è solo un sempre.


Le mani mi fanno male,
ma fa più male
dentro al cuore
che si spezza e singhiozza
quando i neri
tutti incappucciati arrivano
sulla coda

per cominciare la sporca loro vigliacca lotta.
Boati.
L'odore dei fumogeni che pizzica le mucose retratte
un po' dal freddo

un po' dal bruciare.

Noi.

Grande gruppo di gruppi.

Siamo un organismo unito
ma duttile dentro ai tanti.
E la rabbia mi esplode con le molotov
quando capisco la nefandezza di quello che succede.



Sono neri
come lo sporco peggiore.

E si nascondono tra noi

porgendoci i passamontagna

nascondendo la faccia

tra le nostre sorridenti e pulite.
Scappano dalla responsabilità

delle loro azioni
e i più ne pagano le reazioni.

Fetore di viltà nella loro scia.
E non so se sono perle di rabbia

quelle che confluiscono ai bordi dei miei occhi

o conseguenza dei fumogeni.



Ascolto gli indios e una pacha mama

che chiede chi è davvero in debito con chi.
Abbiamo distrutto
rubato

succhiato via
la loro natura,

la sacralità della loro vita.

E per la nostra ridicola economia
li releghiamo comunque a debitori.
Sono in via di sviluppo.
Ma quale?
Quello nostro?

No grazie.





La sera torniamo al pavimento del nostro salone.

Sporco
puzzolente
tragicamente gelato.

Come bachi ci infagottiamo.




Tutte le cucine popolari vegane.
Mi tocca la sapienza delle combinazioni alimentari
e il giusto matrimonio tra i cibi.

Mi esalta il sapore delle radici di zenzero

tra le patate

e le carote
e lo scricchiolare sotto ai denti
dei semi di lino
nell'insalata di cavolo.

Mi commuove la fame.

Mia.
E nei volti dei Compagni.



E' una notte di sputi di stelle,
e macchie di nuvole
spinte altrove dalle eliche degli elicotteri
che volteggiano
l'indice puntato
è un faro

sui nostri pensieri e sui tetti di Cristiania.
Hanno incendiato le barricate
e muri di fumo ci isolano.




Molti sono spaventati.

Io vedo schiere di ragazzi vestiti di nero
dal volto coperto
correre.
Vorrei picchiarli.
Altri corrono spaventati

come una mandria accalcati,
premuti dalla paura vestita in antisommossa
che marcia
violando un'isola di pace.
Ci accerchiano.

Ci puntano sui volti
le loro luci.
Ci scrutano dall'alto
calpestando tegole

e stagliandosi su un cielo così bello
che solo il freddo sa regalare
con tanta sapienza.

Mi sento vicina a tutti i compagni.
Mi commuove la tenerezza
della prepotenza
di chi mi spreme
un limone sulla sciarpa.
Mi si fonde il sangue
prima
solido e ghiacciato
quando cantiamo tra i POLITI
“Bella Ciao”
.
Sento di nuovo
il caldo della solidarietà

quando la nostalgia
del romanticismo

si spande tra tutti
alle parole di un giovane poeta
sopra
una vecchia pietra
che dà più forza ai versi

che forse attraversano le tute antisommossa.
O forse solo ipocrisia
nelle mani che applaudono?
O davvero c'è qualcosa di più?

Mi piace pensarlo
perchè sarebbe un mondo migliore.


Mi rallegra pensare
che
proprio perchè non ho barriere
vengo trafitta da tutto.
Dall'euforia nel parlare dei semi
al conforto di una zuppa calda
a chi mi stringe la mano in corteo
al dolore del devasto
alla delusione di chi non prende posizione.
Niente frontiere.

No border,
no nation

stop deportation.



Le persone poi ti restano dentro.
Le parole ti rimbombano
ad ogni battito
dab lab
dab lab
dab lab

Ti senti parte di un tutto,
le esperienze si insediano nei gesti.

E come al solito
io non sono più io

ma non sono mai stata
più io
di così.

E continuo.

Non sono un'ottimista,
ho speranza.

Another world is possible.


Quante cose ancora da dire
come se lo spazio non fosse abbastanza
e questo tempo sempre troppo stretto.



la terza via

C'è sempre la soluzione 'buonanotte con abbraccio' davanti a un panorama mai visto prima pensando:
"Che cazzo ci facciamo qui?"
"Boh, però mi piace."

martedì 15 dicembre 2009

Proposta

Non questa proposta, cioè, si anche....vabbè a parte i fiori nei cannoni, che ne dite di istituire una giornata stregesca (pagana) prenatalizia per sabato 19?

L'intenzione mia e di Modus Tollens era di proporre una cena, io visto l'invito dell'ANPI per il pomeriggio che vi posto qui sotto, rilancio: che ne dite di un bel brindisi laico e antifascista, seguito da cena?

BICCHIERATA ANTIFASCISTA

Incontro ANPI di fine anno con brindisi
Rete:
Globale
Data:
sabato 19 dicembre 2009
Ora:
15.30 - 18.30
Luogo:
Museo della Resistenza
Indirizzo:
Piazza S. Annunziata (Piazzale Avis)
Città/Paese:
Collegno, Italy


Descrizione

Incontro di fine anno con brindisi

Sabato 19 dicembre dalle ore 15.30,
l'A.N.P.I. Collegno incontra tutti gli iscritti, gli amici, i simpatizzanti e i cittadini interessati, nella propria sede al Museo della Resistenza (piazzale Avis) per i tradizionali auguri di fine anno, con brindisi e buffet,
per avviare i lavori della Sezione per tutto il 2010 e avviare il nuovo tesseramento.
Partecipate numerosi!

IMPORTANTE!!

Per tutti gli studenti, la tessera ANPI 2010 costerà solo 5 €!!! (rispetto agli ordinari 15€).
Per tutelare la Costituzione dai tentativi di stravolgimento. Per condividere i valori di Libertà, Democrazia e Antifascismo. Per la Giustizia e per la Pace. Per essere Cittadini del Mondo.
GENERAZIONE DOPO GENERAZIONE GLI STESSI VALORI!
Manteniamo vivo l'antifascismo a Collegno, iscrivetevi all'ANPI!

domenica 6 dicembre 2009





I combustibili fossili si stanno esaurendo rapidamente, l'economia mondiale ha bisogno di trovare una valvola di sfogo alternativa e dal volto pulito alla crisi che l'ha piegata da un anno, sempre più frequenti sono i fenomeni di migrazione causati dal cambiamento climatico.

In questo scenario,
dal 7 al 18 dicembre,
a Copenhagen in Danimarca

decine di migliaia di delegati provenienti da tutti i paesi del mondo parteciperanno al
COP15,
la conferenza ONU sul cambiamento climatico,
che si annuncia come l'ennesima farsa
.
Infatti, le decisioni prese all'interno di queste conferenze sono da sempre condizionate molto più da logiche di mercato e profitto che dalla reale intenzione di interrompere la tendenza distruttiva che il modello produttivo ha avuto fino ad oggi.
Il risultato è evidente:
il cambiamento climatico non si è arrestato,
le emissioni non si sono ridotte,
e nessuno pensa
nemmeno lontanamente
a mettere i bastoni tra le ruote ad aziende e multinazionali
che speculano e guadagnano sull'aria
che respiriamo e sulla terra che ci da le risorse di cui abbiamo biosgno.


Da tutto il mondo
i movimenti e le associazioni ambientaliste, ecologiste e che reclamano giustizia sociale, si stanno dando appuntamento alle porte di questo vertice, per alzare e unire le proprie voci e impedire che questo summit si risolva con l'ennesima decisione rimandata, l'ennesima falsa promessa, l'ennesimo impegno al quale nessuno adempirà.
Reclameranno il potere di decidere sulle proprie vite e sulle proprie terre,
avanzando dal basso le istanze radicali necessarie a cambiare nel profondo un intero sistema, che poggia le sue basi nel mercato e si prospetta una crescita senza fine,
e che non si pone il problema di tutti coloro che dal mercato sono esclusi e anzi sfruttati,
e di un pianeta finito con risorse finite e in esaurimento.

Anche nel nostro paese è arrivato il momento di avanzare queste istanze:
mentre ENEL riapre il capitolo nucleare,
che credevamo chiuso con il referendum del 1987,
mentre si costruisce la nuova Milano dell'Expo
e si scoprono navi cariche di veleni nelle nostre acque,
mentre terremoti, frane e siccità sconvolgono le nostre terre
vittime di speculazioni ed ecomafie,
è impossibile non tener conto della crisi climatica
che si sta abbattendo sul pianeta.
E' necessario modificare dal basso un intero sistema,
perchè chi detiene il potere continuerà a riproporlo senza rinunciare al proprio interesse economico,
e bisogna farlo a partire da quello che ci circonda,
dalle nostre città.





Si è concluso il sesto appuntamento del Climate Justice Action Network (CJA), quattro giorni di incontri e confronti tra realtà di tutto il mondo per costruire le mobilitazioni durante il vertice delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP15) in programma dal 7 al 18 dicembre 2009 a Copenhagen, Danimarca.
Più di duecento persone hanno attraversato le assemblee che si sono svolte
nel quartiere occupato di Christiania, dal 15 al 18 ottobre 2009.

Tra le realtà presenti
ci sono alcune delle più grandi organizzazioni mondiali quali
Greenpeace e Via Campesina,
collettivi e movimenti radicali europei, centri sociali e associazioni.

Al meeting partecipa anche il network di associazioni provenienti da tutto il mondo Climate Justice Now! (CJN)
dopo la partecipazione al vertice di Bangkok.

L'agenda ha toccato numerosi punti, e lanciato le seguenti mobilitazioni previste dall'11 dicembre a Copenhagen:

11 dicembre:
DON'T BUY THE LIE!
In occasione dell'incontro tra aziende e delegati del COP15
sono previste azioni di sanzionamento diffuse sul territorio.


12 dicembre:

all'interno della manifestazione "PLANET FIRST, PEOPLE FIRST"
e del Global Day of Climate Action:

FLOOD FOR CLIMATE JUSTICE - Spezzone "System Change, not Climate Change"
All'interno dela grande mobilitazione del 12 dicembre,
alla quale saranno presenti anche associazioni,
partiti e sindacati, spezzone radicale del CJA:
vogliamo decidere sulle nostre vite,
abbiamo bisogno di cambiare un intero sistema,
e possiamo farlo solo partendo dal basso.


13 dicembre:
HIT THE PRODUCTION OF GLOBAL CHAOS
Azione nel cuore del problema!
Azione di massa per andare alla radice del problema,
azioni dirette e diffuse nella città,
tra le quali "Farmers' Action" organizzata da Via Campesina.


14 dicembre:

CLIMATE NO BORDERS!
E' il Sud globale a pagare per primo le conseguenze delle speculazioni dei potenti del mondo sull'ambiente,
dobbiamo salvare il pianeta per garantire ad ognuno di non dover scappare dalla terra in cui è nato!


15 dicembre:
AGRICOLTURE DAY
Corteo e azioni contro le industrie sfruttatrici di risorse e inquinanti,
per una produzione ecologicamente e socialmente sostenibile,
per l'agricoltura su piccola scala e contro la grande distribuzione!


16 dicembre:

RECLAIM THE POWER MASS ACTION!
Push for climate justice!
Apriamo il vertice, diamo voce ai senza voce!
Azione di massa per reclamare il potere sulle nostre vite
come sulla nostra terra e imporre la nostra agenda dal basso.






Programmino intenso...
che dite?
Indossiamo, gli abiti migliori
tutti in una volta
(per il freddo che ci aspetta)
affiliamo le unghie e le lingue,
che non si sa mai.
Raccogliamo i capelli in una crocchia
che non siano di facile presa.
Ci prepariamo a tutto.
Forse siamo nate guerriere
e non c'è nulla di più nobile
che combattere per la nostra terra
e per la giustizia.


Noi si va,
a quelle che non possono,
racconteremo.




Compagne


Penso alla mia

di mamma.
Penso ai suoi insopportabili strilli
di quand'ero incerta sulle gambe.
Gli schiaffi.
I miei capricci.
Le filastrocche.
I miei capelli lunghi imprigionati
nella morsa stretta di una treccia.
Penso a tutti i suoi no.
Giusti. E sbagliati.
Inopinabili.
"Parchè?"
"Parchè l'è cusìtta!"

Tutto ciò che m'ha insegnato
mi rimbalzava sulle mani
permeandomi comunque.
La pazienza persa
desiderando per me
una vita migliore della sua
"Te dago un stramusson
che'l muro t'indà n'altro,
disea me nono"


Addestrata su come si governa una casa.

M'ha regalato questo suo sapere
imprecando contro i numi
del fuoco che non s'appiccica alla legna
ma divora la carta dopo una vita di digiuno.
A fare un letto da sposi,
di grandi lenzuola bianche
pulite, e che odorano
di buono e di mamma.
Un grande letto da sposi,
che non sarà mai mio.
Perché questa è l'eredità
che lascerai a mio fratello
e il dono che lui farà a te.

M'ha mostrato come

si disegnano gli occhi
di colori
per gioco e vanità.
E' sempre stata bella.
La più bella.
Ma sapevo già allora
che io
così tanto
mai.

M'ha insegnato ad amare

le pagine
dei russi
e dei grandi eroi.
A leggere e scrivere,

così da cominciare la scuola
che già sapevo
più di tutti gli altri bambini.
M'ha detto che se volevo essere
davvero libera
dovevo
studiare.
Ho studiato.

Da lei ho imparato

a reggere i ferri da maglia
saldamente
sotto l'ascella
e a danzare con l'indice

nell'intreccio automatico
come se un filo fosse fiume che scappa.

Mi ha preparata ad affrontare

da sola la disperazione dell'esistere,
senza dover chiedere a nessuno.
M'ha fatta diventare grande
d'improvviso

ficcandomi la testa nella vita
che ti toglie il fiato tutto d'un colpo,
guardandomi da troppo distante:
“Respira, ceo”.

M'ha indottrinato con le preghiere,

inginocchiata sui banchi della chiesa.
Quaresima.
Digiuno e Astinenza.
Dalle carni.
Tutte.
S'accendeva un lumino
“Che'l signor te jute”
mi diceva stringendomi la mano
scuotendo la testa.
Io guardavo la navata principale
e ne contavo le travi,
fingendo d'essere
posseduta da folgore divina
ma nelle circonvoluzioni del mio cervello
sfrecciavano tabelline
e l'odore dei prati quando rincorri una palla.

M'ha cantato sottovoce

le canzoni dei rivoluzionari,
le favole di un popolo unito
che mai sarà vinto.
M'ha insegnato il valore
della parola
COMPAGNA.

Che nella nostra lingua
che rimbalza di suoni aspri
sulle pendici dei boschi:
UGUALI.
Mi guardo allo specchio
e penso che
se anche ho fatto
tanto
per non assomigliarle,

mamma,
per sempre
io
e
te

COMPAGNE
.







Non ce l'ho con l'italiano dico solo che la lingua dell'esperienza non è fatta solo di ciò che comunichi ma di quello che senti dentro alle cose...


sabato 5 dicembre 2009

Oggi

LA LEGGENDA DELLE SORELLE FACCIADIMMERDA

Dunque, la leggenda narra di due sorelle: Clizia e Umberta Trevigiani, che sotto il fascismo vivevano in una grande villa sulla collina di Torino ed erano, ciò che suole dire, due zitelle.
Umberta era un donnone di circa quarant’anni, buona come il pane e brutta come la pustola sul sedere di una scrofa. A quanto ho capito da Cicogna, relativamente all’aspetto fisico, la nostra eroina aveva diversi tratti in comune con una grossa montagna di fango: stazza, sensualità, tonicità, grazia…
Clizia aveva all’incirca trent’anni e, a differenza della sorellona, era piccola di statura, anche se abbastanza tozza ed era dotata di una vocetta particolarmente stridula e petulante.
Ora le due sorelle erano entrambe piuttosto colte e nei tempi precedenti alla guerra erano famose negli ambienti letterari come persone di grande intelligenza e lungimiranza. Inoltre, con l’avvento di Mussolini, avevano acquistato una certa fama di antifasciste. Questo non aveva certo reso loro la vita facile durante il ventennio e non faceva di loro le candidate migliori per dare asilo ad ebrei… cosa che naturalmente facevano.
Nelle vaste cantine della villa, racconta Cicogna, erano ospitati più di cinquanta ebrei, cinquantuno contando Cicogna stessa, anche se non si fermò molto perché lì il Golem non c’era.
Come riuscirono le due sorelle, nonostante la loro fama, a salvarsi dalle innumerevoli perquisizioni e dagli insistenti interrogatori?
La risposta è semplice:

erano due grandissime faccedimmerda

Cos’è un facciadimmerda:
( purtroppo qui non posso citare lo Zanichelli ) un facciadimmerda è qualcuno che, anche di fronte all’evidenza più netta, è in grado di mentire in tutta tranquillità, senza battere ciglio ne scomporsi minimamente.
Insomma, per fare un esempio, qualcuno che si presenta nudo ad una serata di gala, asserendo con convinzione che la nudità era specificatamente richiesta dall’invito, e convincendo i presenti a spogliarsi anche loro.
Costui è detto facciadimmerda.

Dunque, tanto Umberta quanto Clizia erano delle faccedimmerda. Due balliste nate da non sfidare a poker per nessuna ragione al mondo.

Come tutti i giocatori di poker però entrambe le sorelle avevano un piccolo difetto, un segno, una spia che indicava in maniera infallibile quando stavano bluffando. Anche se, nel loro caso, questa mancanza diveniva essa stessa punto di forza.

Quando era agitata, quando il suo bluff stava per essere scoperto, quando tutto volgeva al peggio, Clizia restava perfettamente impassibile, sorridente, ridanciana come sempre, solo una cosa ne segnalava la crescente agitazione: la voce.
La voce di Clizia, già di per se acuta e stridula, quando lei era preoccupata, si trasformava in un pipistrello strizzato, in una vetrata tagliata dagli artigli di un grifone, in una corda di violino torturata.
Ascoltarla era come avere in ogni neurone un gatto che si fa le unghie su una lavagna, come farsi esplodere un fuoco d’artificio nei seni frontali… assolutamente insopportabile.
Questa particolarità faceva della donna un’arma invincibile contro chiunque venisse ad interrogarla.
Alle numerose domande Clizia rispondeva mentendo con assoluta naturalezza ed al posto di essere breve, concisa, di non sbilanciarsi dicendo più del minimo indispensabile, Clizia sparava balle lunghe, sofisticate e sovrabbondanti di particolari. Ben presto anche l’ascoltatore più determinato staccava l’audio al suo petulare incontrollato e non era in grado di capire quando la donna si tradiva. Se questo comunque avveniva, Clizia si spaventava ed al posto di tacere raddoppiava la potenza di fuoco verbale e riversava sull’inquisitore di turno una valanga di parole sempre più stridule accompagnate da risatine ultrasoniche.
I più fuggivano adducendo scuse assai poco plausibili, senza aver perquisito nulla o senza aver completato le domande, alla disperata ricerca di un farmaco contro il mal di testa.

Quanto ad Umberta lei era una ballista più posata. Il suo aspetto calmo e placido rendeva la lentezza nel dare le risposte plausibile, così che lei aveva tutto il tempo di studiare la frottola migliore. Il risultato erano interrogatori di una lentezza esasperante, durante i quali Umberta soppesava con cura tutte le domande, cincischiava, indugiava, si interrompeva e per dire anche solo come si chiamava ci metteva un’ora. Quando si arrivava alle domande serie l’inquisitore era già con la testa ciondoloni, cotto dalla fatica, incapace di prestare ancora attenzione.
Se la cose andavano male poi la Trevigiani maggiore aveva il suo asso nella manica: fingeva di concupire, in maniera via via più plateale, chi la interrogava.
Pochi rimanevano insensibili al suo fascino, la maggior parte scappava a gambe levate, e c’era stato anche il caso di un sergente che era fuggito dalla finestra ( la stanza dove stavano parlando era al terzo piano della villa ).
In più, e questo era il suo difetto, quando le cose volgevano al peggio ed Umberta si agitava, la donna riusciva a mantenere un ferreo controllo su tutto occhi, voce, su ogni singolo muscolo del corpo e del viso, ma non sul’intestino.
Detto in soldoni, quando Umberta aveva paura… petava.
La qual cosa non faceva che aumentare il suo sex appeal.

Dunque le due sorelle, pur essendo assolutamente sospettabili, erano sempre riuscite ad evitare in un modo o nell’altro la perquisizione delle cantine, ove erano nascosti più di cinquanta ebrei.
Solo due volte le indagini ci si spinsero vicino, e per la precisione condussero fino alla stretta scala che portava alle cantine.
Ma non andarono oltre.

Il primo coraggioso a raggiungere la scala fu il sergente maggiore Westrum detto La Roccia, noto per essere stato catturato e torturato per giorni dal nemico senza che si fosse lasciato sfuggire una sola parola.
Avendo egli fama anche di essere duro d’orecchi si decise di farlo fronteggiare ad Umberta.
Werstrum la interrogò per sette ore ininterrotte, resistendo ai suoi tentennamenti prima ed alle sue avances poi, riuscendo in fine a farsi condurre alle cantine.
Lungo la scala Umberta entrò nel panico: pochi gradini ed avrebbe condotto il lupo dritto dritto nell’ovile. Nonostante questa consapevolezza, la donna mantenne la calma come al solito e, come al solito, cominciò a petare. In pochi secondi l’aria dell’angusto spazio si fece irrespirabile. Il sergente Maggiore sbiancò ma tenne duro.
“ piena di intimi angolini… la nostra cantina…” mugolò languorosa allora Umberta. Ma Westrum doveva aveva ordini davvero tassativi, perché, all’idea di restare solo con Umberta in un intimo angolino, non desistette.
Umberta, scorreggiando ormai a raffica per la disperazione, decise di tentare il tutto e per tutto. Con la scusa di dover passare davanti al maggiore per aprire la porta, e con l’intento di strusciarglisi addosso in maniera libidinosa e metterlo finalmente in fuga, lo sorpassò spalmandolo contro la parete.
Il risultato per il maggiore furono due costole incrinate ed un principio di asfissia, dovuto in parte alla compressione della gabbia toracica in parte hai peti e Westrum fu portato via in ambulanza.
Si seppe che se l’era cavata solo dopo la fine del conflitto.

In seguito al fallimento del maggiore Werstrum, fu inviato a Villa Trevigiani il colonnello delle SS Hugo Fon Hummersmhit, detto il segugio di ferro.
Circolavano innumerevoli leggende su di lui e sul modo infallibile con cui stanava gli ebrei, come riusciva a mandare in pezzi anche le resistenze dei mentitori più indefessi.
A fermarlo fu Clizia.
L’interrogatorio era cominciato in salotto dove Clizia era solita offrire del vino all’inquisitore di turno. Hummersmhit aveva bevuto ed aveva sopportato indomito la nostra eroina discorrere abbondantemente del vino che stava bevendo, del vitigno da cui veniva e della vinificazione in generale. Poi aveva chiesto se conosceva la famiglia ebrea che viveva poco distante da lì e se sapesse che fine aveva fatto. Clizia aveva detto di conoscerli, aveva descritto con particolare accuratezza tutti i membri della famiglia, compresi i loro vezzi, il portamento, il modo di vestire, poi aveva cominciato ad enumerare infinite ipotesi su come avessero potuto lasciare in incognito il paese… a questo punto dell’interrogatorio uno dei soldati della scorta di Hugo aveva cominciato a piangere ed il colonnello lo aveva fatto accompagnare fuori dalla stanza.
Una volta terminati i preliminari poi, Hugo si era fatto guidare per la villa, sopportando Clizia che ne decantava tutti i pregi, descriveva luoghi e situazioni ove aveva acquistato questo o quel mobile, e via dicendo senza smettere un attimo di mitragliarlo di parole.
Alla fine Hugo fece richiesta di vedere le cantine, dove erano appunto nascosti tutti gli ebrei, Clizia non fece una piega e lo guidò alla scala che portava disotto senza smettere di parlare. Hugo tenne duro. Una volta cominciata a discendere la scala però la cosa si fece tragica. Clizia era sempre più terrorizzata, e la sua voce, già insopportabile per la tensione, nello spazio angusto della scala raggiunse in kilotoni la stessa potenza della bomba che di lì a poco sarebbe stata sganciata su Hiroshima.
Quando Clizia disse, apparentemente deliziata, che non vedeva l’ora di mostrargli i vini pregiati della cantina uno per uno e decantergliene tutti i meriti, Hugo cedette. Si portò una mano alla tempia, come in preda ad un aneurisma cerebrale e balbettò che soffriva di claustrofobia e che non c’era motivo per proseguire l’ispezione, dopo di che risalì di corsa imboccò la porta senza congedarsi.
Come Werstrum prima di lui, non fu mai più rivisto.

venerdì 4 dicembre 2009

Non ora, non qui.




...non io morivo nel buio ogni sera,
ma tu.
Allora sul bilico del sonno
ti tenevo per nome
stretta
nei denti e nelle mani chiuse
e tuffavo gli occhi all’indietro.
Stavamo sott’acqua
un attimo
e poi rispuntavamo
insieme
nel sogno.
Così ti salvavo ogni sera...

Erri de Luca


Le prescrizioni del dottor Hunter "Patch" Adams

10 AZIONI QUOTIDIANE:

1) Raccogli la spazzatura che la gente butta per terra in un'area della città a tua scelta. Diventane il guardiano. Dillo ad altre persone.
2) Sii amichevole con tutte le persone che incontri. Fai esperimenti coraggiosi.
3) Offri in qualsiasi situazione un massaggio alle spalle o ai piedi.
4) Difendi sempre quello che è giusto, non importa quanto ti costi.
5) Vai a visitare le persone anziane che vivono in casa di riposo una volta alla settimana per farle ridere un po'.
6) Spegni la televisione e diventa interessante. Metti in scena quello che sei.
7) Prova ad essere buffo in pubblico. Canta ad alta voce. Indossa vestiti strani.
8) Trova dei modi per avere bisogno di sempre meno denaro. Condividi tutto quello che riesci.
9) Fai spesso dei potluck con i vicini di casa, i colleghi di lavoro, o anche persone che non conosci. Impegnati per vivere in una famiglia estesa. (Per sapere cos'è un potluck e come organizzarlo, istruzioni in inglese su http://www.patchadams.org/how_to_throw_a_neighborhood_potluck).
10) Fai le vacanze nella tua città di residenza e spendi il denaro per le vacanze in progetti che aiutino a costruire un senso di comunità.

Per altre bellissime idee, http://www.patchadams.org/patchs-prescriptions.

martedì 1 dicembre 2009

Giornata mondiale contro Aids



SE PUEDE

DONNE RESISTENTI
mani nervose, occhi brillanti nonostante l'età, voce flebile ma parole forti
MILITANTI DELLA MEMORIA
non c'è bisogno di dettagli per trasmettere la sofferenza
MADRI
legami che vanno ben oltre il vincolo di sangue
e nella lotta comune, ritrovi anche delle sorelle.