martedì 31 agosto 2010

NON SIAMO TOPI DI 70Kg


Tratto da Il Fatto Quotidiano

Vivisezione, l’inganno dell’Unione europea: prendi un animale e lo torturi tre volte

La nuova direttiva Ue deve essere approvata entro l'8 settembre. Ma già infuriano le polemiche degli animalisti su una deriva ancora più violenta. Ogni anno vengono utilizzati 12 milioni di animali per esperimenti scientifici

Esperimenti su animali randagi e domestici. In poche parole cani e gatti. Utilizzando metodi da tortura come l’isolamento forzato, il nuoto forzato o altri esercizi che portano inevitabilmente all’esaurimento (morte) degli animali. E non è finita, perché se l’intensità è “moderata”, l’esperimento sulla stessa bestiola si può ripetere. Un bell’escamotage per sostenere, come recita la nuova direttiva europea sulla vivisezione, che d’ora in poi gli esperimenti coinvolgeranno meno animali. Il tutto gravato da un singolare paradosso: in Italia la legge sulle vivisezione è più rigida, ma ora le nuove regole dell’Unione non saranno più derogabili dai singoli paesi con buona pace delle multinazionali del farmaco. Certo l’Italia potrebbe chiedere di mantenere le sue regole, ma la domanda è: lo farà?

Intanto, dopo anni di discussioni e rimaneggiamenti, la nuova direttiva europea sulla vivisezione è pronta al varo. Ma nessuno, o quasi, degli europarlamentari italiani eletti nel 2009 è ancora andato a leggersi il testo. Peccato, perché a guardarlo bene ci sono punti che farebbero accapponare la pelle anche al più convinto sostenitore della sperimentazione scientifica con gli animali. Il testo prevede, ad esempio, all’articolo 16: “La possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità ‘moderata’”. Un paradosso, si diceva. “In questi ultimi mesi quasi tutti gli articoli chiave sono cambiati in peggio rispetto alla prima stesura del 2008 – dichiara scandalizzata Vanna Brocca della Leal, la Lega antivivisezione – ad esempio la frase la possibilità di riutilizzare animali già sottoposti a esperimenti di intensità moderata è significativamente diversa rispetto alla prima stesura ipotizzata dalla Commissione, dove si parlava invece di esperimenti di intensità lieve“.

“Tra le procedure codificate poi – continua la Brocca – c’è l’isolamento forzato di cani e scimmie o il nuoto forzato o altri esercizi fino all’esaurimento dell’animale”. Un risultato ben diverso, insomma, da quello che si aspettavano le principali associazioni animaliste che auspicavano il graduale superamento della sperimentazione con gli animali grazie all’utilizzo di metodi alternativi, in provetta o tramite modelli computerizzati e, nello stesso tempo, la riduzione degli esperimenti più dolorosi. Ma non è l’unico scivolone del testo. Sempre nella prima stesura del 2008 non vi era di certo: “La possibilità di chiedere delle deroghe a sperimentare su animali randagi delle specie domestiche – aggiunge la Brocca – l’ articolo 11 del testo (compresi cani e gatti ndr), qualora sia impossibile raggiungere lo scopo della procedura” altrimenti e quando sia ritenuto “essenziale” per tutelare l’ambiente o la “salute umana o animale”.

Eppure, la relatrice della normativa, l’eurodeputata Elisabeth Jeggle del Partito popolare europeo, aveva dichiarato alle agenzie di stampa: “Le nuove norme realizzano un compromesso tra i diritti degli animali e le esigenze della ricerca”. Ma il risultato finale non pende certo a favore degli animali. E così, mentre i nostri eurodeputati sonnecchiano, il tam tam di protesta degli animalisti è già partito. La Leal, lega antivivisezionista, sta raccogliendo le firme per una petizione online da portare al Parlamento europeo entro l’8 settembre, giorno della votazione del testo. Sono già oltre le 60mila. Tra questi hanno firmato: l’astrofisica Margherita Hack, l’attrice Lea Massari, la scrittrice Sveva Casati Modignani, il fotografo Gabriele Basilico. In gioco, stando ai dati forniti dall’Ue nel 2005 (gli ultimi disponibili), ci sono i 12 milioni di animali che vengono usati ogni anno in Europa per finalità di ricerca. Una statistica dalla quale vengono generalmente escluse le specie invertebrate e gli animali uccisi per utilizzare tessuti e organi. Ed ecco che cosa si sono inventati a Bruxelles come “compromesso”, per usare le parole della Jeggle.

Il professor Agostino Macrì è stato per anni uno dei massimi ricercatori all’Istituto Superiore di Sanità, oggi scrive per alcune riviste scientifiche: “Io ho fatto quasi sempre sperimentazione sui ratti, non sono contrario alla sperimentazione scientifica con test sugli animali. Ci sono farmaci che possono essere testati sull’uomo se non dopo una prima fase di test fatta sugli animali. Certo, però, se dovesse passare il principio generale a livello europeo che si possono riutilizzare per più esperimenti gli stessi animali, sarei contrario. Mi sembra una inutile tortura. Come sono contrarissimo a usare animali cosiddetti randagi, portatori di per se di altre malattie. Oggi comunque in Italia – continua Macrì – per la sperimentazione su cani e gatti o su altre specie al di fuori dei ratti, bisogna chiedere una deroga, una autorizzazione al ministero della Salute che la sottopone poi al vaglio di una commissione in seno all’I.S.S”. E già la normativa italiana, la n.116/92, è parecchio restrittiva sulla sperimentazione su quasi tutte le specie animali.

“In realtà- dice Brocca – domani potrebbe diventare tutto più difficile o più semplice a guardarlo dalla parte dei vivisettori e dei grandi gruppi che dalla vivisezione traggono profitto. Infatti l’articolo 2 della nuova Direttiva esclude che si possano apportare migliorie alla Direttiva nella fase di recepimento. Tutt’al più l’Italia potrà chiedere di mantenere delle misure più restrittive, se già le possiede. Ma avrà voglia di farlo?”. Il timore è che per competere con gli altri 26 Paesi dell’Unione, il nostro governo non si batta abbastanza e decida di adeguarsi integralmente a questa Direttiva tutta giocata al ribasso.

Bruno Fedi, già docente universitario in medicina a Roma e poi a Terni, è un luminare del cancro dell’urotelio. Fedi è un “pentito” della sperimentazione scientifica sugli animali: “Dopo 15 anni di sperimentazione all’università su cavie, topi, criceti, cani e gatti, un bel giorno mi sono reso conto che i risultati erano o inutili o dannosi e ho deciso così di liberare tutti gli animali del laboratorio. Torturare e uccidere animali, per sperimentare cosmetici, farmaci o altro, è una ingiustificabile crudeltà, a meno che non vi sia una reale utilità per l’uomo. Faccio notare – continua Fedi – che i risultati degli esperimenti su animali, possono essere, sull’uomo, uguali, diversi, o addirittura opposti e per verificarlo bisogna ripetere gli esperimenti sull’uomo. Questo fatto è ormai riconosciuto da prestigiose riviste e organizzazioni di controllo o di ricerca internazionali. Le grandi industrie si ostinano a praticare esperimenti su animali solo perché così facendo “l’iter” di molecole farmacologiche nuove, prima della immissione sul mercato, diventa più complesso e costoso, escludendo le piccole industrie e i paesi poveri dal progresso scientifico. Vogliamo metterci in testa che la struttura genetica di un animale è diversa da quella di un uomo! Non siamo, come ha scritto un mio illustre collega su Nature (si tratta dell’autorevole scienziato Thomas Hartung ndr), topi che pesano 70 kilogrammi. Gli uomini assorbono le sostanze in modo diverso, le metabolizzano in modo diverso. Vi sono metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali, come quelli sulle cellule coltivate o quelli sui tessuti umani che si possono prelevare dagli arti amputati, che danno risultati di gran lunga migliori”.

Secondo la Leal, anche in materia di metodi alternativi alla sperimentazione animale il testo che sarà votato a Strasburgo segna un pericoloso passo indietro rispetto a quello di due anni fa: “Infatti vengono resi obbligatori soltanto i metodi alternativi recepiti dalla normativa comunitaria, che al momento sono pochi. Il primo testo proposto della Commissione, invece, era molto più avanzato, includendo tutti i metodi sostitutivi disponibili e scientificamente soddisfacenti”.


Per firmare la petizione:
http://www.leal.it/campagna-bruxelles/petizione-online/








ovi sodi


Approciare certe materie è come mangiare ovi sodi,
sono non troppo invitanti ma sostanziosi,
il problema è che sembra
di doverli mandar giù senza masticare:
o proprio non ci riesci
o sai che tanto sarà impossibile digerirli.

venerdì 27 agosto 2010

Le mamme nonne?
Da invidiare


Per adesso è un privilegio delle ricche & famose,
delle belle & malinconiche,
in cerca di senso per le loro vite troppo narcise,
diventare mamma fuori dai tempi stretti della biologia.
Sopra i 45, sopra i 50, a ridosso dei 60.
Fanno bene?
Fanno male?
I loro bambini soffriranno di avere mamme-nonne
per età che sono mamme-sorelle per aspetto?
Sono, le mamme-nonne,
signore onnipotenti e capricciose
che non accettano il cupo rintocco del tempo?
Oppure sono la fortunata avanguardia
dell’unica vera rivoluzione femminile possibile,
quella che ci sottrarrà all’insulto della Natura,
grande limite dei corpi e dei destini delle donne?
Dopo lunga e dolorosa riflessione,
sono portata a optare per la seconda ipotesi:
sono una fortunata avanguardia.
Se faranno buon uso delle loro maternità tecnologiche,
i loro bambini non soffriranno.
L’unica, certa e terribile, sofferenza
di chi nasce è non essere amato,
o essere amato male.
Non si disimpara ad amare
quando non si è più giovani,
anzi,
a misura che l’amore per se stessi si riduce
cresce la capacità di amare altri:
figli, nipoti, amanti, mariti, amici.
La maturità è una grande risorsa emotiva.
Conosco molti padri cinquantenni e sessantenni che sono,
con i loro figli bambini,
molto affettuosi e presenti,
molto più di quanto lo fossero
con le nidiate del primo matrimonio,
ormai trentenni.
Invecchiare bene vuol dire venirsi,
dolcemente, a noia
e riconoscere la propria vulnerabilità.
Allora il bisogno di dare
diventa più importante del desiderio di ricevere.
La situazione è ottimale
per affrontare quel momento di fragilità assoluta
che è l’infanzia.
È giusto che anche le donne
possano avere una vita piena anche quando
le ovaie non sono più attive.
Una vita che duri tutta la vita…
dato che la vita si fa sempre più lunga.



26 agosto 2010
Lidia Ravera

giovedì 26 agosto 2010

Ti racconto una cosa




Caro Fisçheirosh,
che di sicuro non si scrive così
ma poco importa se
la fonetica non è il mio forte,
forse sono più brava con altro.
E no,
non pensarlo così ad alta voce!!!



A me piace raccontare le cose
e mi piace quando qualcuno mi racconta.
Per questo ogni tanto,
salto fuori dal nulla e ti chiedo:
"Dai!
Raccontami una cosa".

e tu nulla...


Allora ti racconto una cosa,
io.
Questa cosa
è poi divenuta il racconto di più cose.


E ti dico che sono appena stati qui Fonzy e Sere
e mi hanno regalato un bellissimo manuale
su come fare gli orti.



E sono davvero molto felice.
E gli voglio bene,
non solo quando mi fanno dei regali.
Anche quando mi portano i ramassin.
Che buoni,
a me piacciono di più delle "brombe",
perchè ti lasciano sulla punta della lingua
quel pizzico di acidità
che poi ti corre come un "sgrisolon" lungo la schiena.




E sento ora anche il gusto del gelato ai ramassin
che ho mangaito con Cardi proprio sabato
tra le bancarelle del baloon.
E penso che mi piacerebbe che andassimo insieme,
un giorno,
io e te,
a prendeci uno di quei gelati buonissimi vegani
(..eh quelli alla frutta!!)
che fanno alla gelateria popolare di Porta Palazzo.
Anche il gelataio è molto simpatico.
E pure il logo,
non trovi?





Ti racconto che
finalmente ci siamo liberate del nugolo di moscerini
che regnava incontrastato in dispensa
fluttuate, flessibile,
maleodorante,
perchè Cardi ha effettivamente capito
che la frutta nella cassetta
era decisamente troppo marcia
anche per farne marmellata
Tutti quei moschini mi hanno fatto pensare
al signor Blatta
e a Temponi.



Ti racconto che
ci sono ancora dei ceci
che sono scappati e vagano per il frigo,
lì a fianco alle prugne.
Un connubio azzardato,
vorrei sapere come la pensi...




Ti racconto che il mio cane,
la mia tenera petomane,
petto villoso,
e culo peloso,
Terra,
ha ora un meraviglioso paio di mie mutande dismesse
(con le mucche disegnate su)
adattate anche per poter scodinzolare
perchè ormai è diventata grande
e tra un pò la zia Rob la sventra
per toglierle le ovaie...
che è decisamente meglio per tutti,
anche perchè un Rottermaier brutto,
cafone e ciccione
ha tentato di montarsela.
E lei mi guarda anche ora
con questi occhi tonti
che urlano ammore.
Eh
Schopenhauer la sapeva lunga




Ti racconto che
abbiamo scelto il modello
per la tessera associativa di Piantiamola,
quello in basso a destra
(che mi era parso da subito il migliore)
su sfondo verde,
che se no il rosso poi fa troppo comunista,
anche se è proprio il nostro colore.







Ci ha telefonato Gianpaolo,
che attenzione non è Pierpaolo,
che ieri per aiutarci sull'orto
ha strappato insieme ai trifogli
anche le piante di fragole.
Non confonderti,
trifogli e fragole son diversi,
e anche Pierpaolo e GianPaolo,
so che è un casino quando non li conosci
ma non credo nemmeno si conoscano tra loro.
Ci ha detto che
forse ha una casa che fa per noi in valle.
Si va su domenica.
Io non so più bene cosa pensare,
perchè qualunque prospettiva
mi rende
e triste
e felice
allo stesso tempo.



Ho cercato al supermercato una buona birra rossa,
ma non l'ho trovata.
Solo bionde...che noia!!!
Sai perchè mi piacciono tanto le birre rosse?
Perchè hanno quel gusto forte
che riempie tutta la bocca,
e hanno una consistenza diversa,
quasi palpabile sulla lingua.
E poi restano lì belle decise
con quell'aroma forte.
Lasciano come una traccia di sè molto più incisiva.

Le bionde pizzicano,
sono leggere,
vanno giù bene,
e vanno bene per tutti.
Ne potresti bere a litrate,
ma poi cosa resta?
Solo rutti.

Le rosse invece
mica se le riescono a mandare giù tutti...






Ah ti racconto che ho trapiantato i peperoncini,
potato la zucca,
quella troppo invadente,
e che tengo sempre il coltello
che mi hanno regalato le socie in tasca.
Ma niente paura è della misura legale.
E lo uso solo se serve.
Come su quel vecchio mobile
abbandonato lungo un viottolo
del Campidoglio
per staccare i piccoli circuiti colorati
che non so ancora dove appendere.
Sai, il design del riutilizzo...
Mi piacerebbe andare a rovistare nella munnezza insieme.


Poi ti dico che mi piacerebbe
che mi aiutassi a montare
il portapacchi alla poderosa
così poi potrei attaccarci il bellissimo cestino
color
delle scarpette
di vernice
di cappuccetto rosso.





E poi un giorno,
forse,
mi piacerebbe che ballassimo
insieme
che poi non l'abbiamo mica mai ancora fatto.



Come tante delle cose
che ogni tanto mi vien da pensare...







martedì 24 agosto 2010

lunedì 23 agosto 2010

L'amore non si dice



Da il corriere nazionale...




Cosa sarebbe la letteratura senza gli amori infelici, impossibili, non corrisposti?
Il mal d’amore ha da sempre riempito pagine immortali:
ma è possibile scrivere d’amore senza parlarne, citarlo, dichiararlo?
Da questo interrogativo ha preso spunto Massimo Vitali, poco più che trentenne bolognese, con il suo primo romanzo intitolato proprio “L’amore non si dice” (Fernandel, pp. 176, 13 euro) in cui immagina una corrispondenza a senso unico tra l’innamoratissimo Edoardo e la disinteressata Teresa.
In cento lettere non d’amore, parlando di tutto ciò di cui è fatta la vita, dalle piccole cose ai grandi avvenimenti, passando per letteratura, musica e cinema, Edoardo dimostra che “l’amore è nell’aria” e forse essere innamorati rende migliori, anche se non sempre felici.
Sicuramente più creativi.
Abbiamo parlato del libro con l’autore.

In esergo al suo libro cita un brano da Zoo o lettere non d’amore di Viktor Sklovskij, in cui la protagonista rimprovera al giovane innamorato che il suo amore “è grande ma non gioioso” e quindi gli vieta di scriverle d’amore. È un omaggio, un’ispirazione, un punto di partenza?
«Libri come quello di Sklovskij sono un’inspirazione che segue un’espirazione, un ciclo di respirazione completo necessario quando succede di incontrare libri così, che alla sola di idea di partenza ti fanno perdere fiato:
parlare d'amore senza nominarlo mai.
Vuole mettere una qualunque dichiarazione d’amore rispetto a una che ti parla di mensole da bagno, guanti di pelle, sudore di Elvis, muscoli, cicale pistacchi e lavandini?»

C’è qualcosa di peggio di un amore non corrisposto?
«Un amore non corrisposto non è necessariamente una tragedia.
Ci sono persone che ci rimangono secche e altre come Edoardo
- il protagonista del romanzo -
che se corrisposte, non so quanto sarebbero felici.
Quella che ad alcuni può sembrare una tragedia,
per altri è vita:
l’autore ad esempio non avrebbe scritto nessun libro;
il lettore avrebbe letto un altro romanzo;
questa intervista non sarebbe esistita.
C’è poco da fare, l’amore non corrisposto è un ciclo di vita necessario a tutti».

Il libro è scritto con uno stile così surreale e lieve, che sembra un moderno parente del surrealismo da Queneau al Vian de La schiuma dei giorni: si ritrova in questa percezione? C’è una precisa scelta stilistica dietro o ha più a che vedere con il suo modo di essere?
«È un modo carino per chiedermi “ci sei o ci fai”?
A parte quelle grammaticali penso non ci siano regole nella scrittura,
ma se devo sceglierne una scelgo “scrivi ciò che sai”.
Ho scritto quello che sapevo, nel modo in cui sono.
Quindi per tornare alla sua domanda, quella reale, direi che ci sono.
Per esserci come ci sono io, scrivo da tanti anni e leggo da più del doppio.
Non ho scelto volontariamente nessuno stile se non quello della pratica della lettura,
della scrittura, e della vita che il tempo ci fa passare sopra».

Chi è il suo lettore ideale? E per conquistare quello non ideale, cosa lei direbbe circa il suo romanzo?
«Se posso essere sincero penso che il mio lettore ideale coincida con quello non ideale, e sia quello che legge il “Corriere Nazionale”».






L’amore non si dice
di Massimo Vitali





«Epistula non erubescit» (La lettera non arrossisce).
Ciceron Epistulae ad familiarem, 5,12





Con parole diverse
dire la stessa cosa,
sempre la stessa.
Sempre con le stesse parole
dire una cosa del tutto diversa
o la stessa in modo diverso.
Molte cose non dirle,
o dire molto
con parole che non dicono niente.
Oppure tacere in modo eloquente.
Hans Magnus Enzensberger Opzioni per un poeta





Stanca di ricevere le solite lettere raccomandate, con la minaccia che alla successiva gli avrebbe incendiato la casa e anche la macchina, Teresa impose a Edoardo il divieto assoluto di scriverle. O, perlomeno, niente più lettere d’amore. Oltretutto raccomandate, che diamine. A tutto c’è un limite. Con chi credeva di avere a che fare? Tutte quelle smancerie come arancino, mandarino, fragolino; tutti quei “mio” spalmati in continuazione, mia delizia, mia luce,mio dattero e mia insulina; tutti quei “ti” seminati dappertutto, ti adoro, ti penso tutti i giorni anche la domenica, ti porto al mare anche se piove, ti amo come un impermeabile; tutte quelle unità di misura scomodate a sproposito, ti voglio a decibel, a litri, a gradi, a Mercalli, e tutte quelle altre inesauribili trovate che lui sfornava senza sosta, su di lei avevano l’effetto di un cavatappi avvitato sul naso, tanto che spesso si era domandata se non fosse il caso di fargli rispondere da un avvocato, un dobermann, un gruppo di ultrà olandesi.
Così, per non aggiungere mattoni a quel muro che già lo separava da lei, dal momento che di lei gli sarebbe bastato anche un solo bacio chiuso sott’olio, Edoardo accettò le sue imposizioni e cominciò a spedirle lettere via posta ordinaria parlandole di tangenziali e lavandini, di sua sorella e Napoleone, del vento e del pistacchio, di muscoli e poesia, di Picasso e caminetti, di Dio e le cicale. Insomma, Edoardo finì col parlarle di tutto, davvero di tutto, fuorché di ciò che proprio non poteva dire, in altre parole: l’amore.



1. Lettera sulle vite come dentro ai film


Cara Teresa,
perdonami se in queste mie prime lettere farò talvolta qualche digressione, ma sai sono le prime, non è facile parlare d’amore senza lasciare qualche traccia. Mi devo un po’ abituare. Ti amo. Dicevo: quando sei solo e stai pattinando su un lago gelato in condizioni estreme, quelle per intenderci in cui il ghiaccio è più sottile e occorre ascoltarne il rumore per seguire il percorso
migliore, la cosa più brutta che ti può capitare è che il ghiaccio ti si spezzi sotto i piedi.
Se invece stai affogando tra tanta gente dentro una piscina, la cosa più bella che ti può capitare è di essere salvato da una donna incantevole che sta facendo il corso di bagnino insieme a te, e tu non hai detto a nessuno che non sapevi nuotare, ma a quel punto lo hanno scoperto tutti.
I fatti della vita non sono mai casuali: ti ricordi come ci siamo conosciuti? Io perfettamente, ma solo fino a un certo punto.
Fino a un certo punto perché un morto che sprofonda trascina i ricordi giù con lui, e quando mi hai salvato dalle acque io ho rivisto tutta la mia vita passare come in un film, no ad arrivare
a te, e a quei cinque uomini che mi hanno tirato su per darmi degli schiaffi, che io credevo fossero le pinne dei pesci, e poi mi hanno scartato dal corso, ma comunque i miei ricordi si fermano a te.
A te che dopo il salvataggio mi guardi con quello sguardo pieno di rimprovero, e io ti aspetto fuori dalla piscina perché dentro mi vergogno, e poi ti riaccompagno a casa a piedi perché la mia macchina è dal gommista, ma in fondo cosa importa, almeno ho imparato dove abiti.
Tranquilla, non userò più questo indirizzo per scriverti delle cose che non vuoi leggere. Ho comprato apposta un sacchetto di patatine, due di popcorn, e una bottiglia di chinotto da un litro.
Se lo sai, ti chiedo di non avere fretta con me: non dirmi come andrà a finire questo film. È appena cominciato.

Edoardo



2. Lettera di esempi sbagliati per dimostrare l’importanza della primavera

Cara Teresa,
da quando non ti scrivo più lettere raccomandate, ho perso il controllo della situazione. Se a questo ci aggiungi che per una sola gomma bucata ho ancora la macchina dal gommista e ho difficoltà ad orientarmi con gli autobus, capirai perché stamattina per andare al lavoro mi sono perso e sono finito all’ippodromo.
Come quello scrittore che beveva birra e scommetteva sulle corse dei cavalli, anch’io ho bevuto birra e scommesso sulle corse dei cavalli, perdendo tutto ciò che avevo in tasca, compreso il biglietto di ritorno. Allora sono rimasto sulle gradinate a scaldarmi la faccia al sole che di questi tempi, come avrai notato, si fa sentire spesso, al contrario di qualcun altro ma non è questo il punto.
Il punto è che mentre mi crogiolavo ai raggi del sole, ho pensato che la primavera ha almeno due lati positivi: il primo è che fa più caldo che in inverno, e il secondo è che se devi fare un viaggio le valige pesano di meno perché puoi metterci dentro capi più leggeri, e così la gente viaggia volentieri, e anche quando non viaggia sembra comunque più serena. Te ne accorgi ad esempio ogni volta che vai a lavare la macchina, che con il sole il lavagista ti sorride sempre e quando piove no, perché è chiuso e non può lavorare; oppure quando la domenica incontri per strada il barbiere felice perché il giorno dopo è lunedì e non lavora, che a pensarci bene il lunedì c’è anche d’inverno, com’è vero che anche in primavera può piovere, dunque diciamo che entrambi gli esempi non calzano a pennello, ma tu prendili per buoni lo stesso.
La verità è che all’ippodromo mi sono sbronzato abbastanza da arrischiarmi a prendere l’autobus senza biglietto, ritrovandomi faccia a faccia col controllore, che mi ha fatto la multa e mi ha invitato a scendere insieme a lui, proseguendo però a piedi con me, perché ormai era tardi, lui era stanco, e senza neanche accorgercene siamo finiti in un locale a parlare tutta la notte dei suoi problemi, dei miei, di quelli che avevamo in comune, fino ad ora che mi cade la testa da un lato, e ho una gran voglia di chiudere gli occhi e baciare una certa fotografia che tengo sul
cuscino, in mancanza dell’originale.

Edoardo



3. Lettera sulle cabine del telefono come pretesto sulla gelosia

Cara Teresa,
nel breve tragitto che da casa mia porta a casa tua, e da casa tua porterebbe in un lampo anche a casa mia, ieri ho notato due operai che smantellavano una cabina del telefono. Le vecchie cabine del telefono. Non so quante telefonate ti avrei potuto fare da quelle cabine telefoniche. Forse seicento. Magari mille.
O forse non eri tu: era un’altra.
Certo che era un’altra, ora ricordo. Gran donna è stata quell’altra a cui avrei potuto telefonare da quelle cabine di una volta. Le compravo fiori e cioccolatini tutti i giorni. Andavamo insieme al cinema, al teatro, al ristorante, e anche in macchina. Ci amavamo alla follia. Ci baciavamo pure col raffreddore. Era la ragazza più bella del mondo, e se la memoria non mi inganna sapeva anche l’inglese. Nessuna donna potrà mai eguagliarla. A gelosia come ti poni tu?
Dicevo, l’altro giorno ero lì che passavo davanti a una di quelle vecchie cabine del telefono quando all’improvviso mi è venuta un po’ di malinconia. Da quanto tempo non sento la tua voce?
Così, un po’ per necessità e un po’ per disgrazia, sono passato a trovare un amico.
Anche se non hai i capelli molto lunghi, un amico che fa il barbiere è sempre una buona spalla su cui sfogare le proprie pene. Una buona spalla a patto che la spalla su cui ci si deve sfogare non sia la tua.
Fissandomi dallo lo specchio senza badare ai capelli, il barbiere mi ha riportato per filo e per segno il pranzo del matrimoniodi suo cognato in cui era convinto di essere ingrassato almeno
di tre chili, e a tutti gli invitati gli scoppiava la pancia, tanto che per non finire il dolce uno si è buttato in piscina con le scarpe. Poi è passato a raccontarmi il matrimonio con sua moglie
– la stessa donna che origliava da dietro la stanza delle scope – e solo alla fine mi ha permesso di spiegargli come vedevo le mie nozze, ovvero in qualunque modo, in qualsiasi posto, basta che sia presto.
Più tardi, ma solo perché il mio taglio era terminato da un pezzo, e il signore che aspettava seduto alle nostre spalle sembrava urlare dai capelli, il barbiere mi ha salutato dicendomi che dalla settimana seguente si sarebbe trasferito in un altro quartiere, in un salone più grande insieme alla moglie, la quale, nel frattempo,era inciampata su una scopa mentre andava alla cassa per fortuna senza gravi conseguenze.
Visto che nonostante tutto siamo buoni amici, penso che continuerò ad andare da lui, anche se con l’autobus dovrò fare una strada più lunga, ma spero un giorno di poterti sposare lo stesso.

Edoardo






4. Lettera sulle preghiere dai lavandini

Cara Teresa,
quando mi hai detto di non scriverti più lettere d’amore, ti confesso che pensavo scherzassi. Gliel’ho chiesto ieri anche al barbiere. Secondo te scherza? Ho detto io. Secondo me sì. Ha
detto lui. E invece mi sa proprio che non scherzavi. Infatti cosa c’è da scherzare?
E allora seriamente: ma tu, quando vai in certi bagni che ci sono i lavandini con il getto automatico come nel bagno del barbiere, riesci a far scorrere l’acqua?
Io tutte le volte che metto le mani sotto l’acqua non esce mai.
Allora le tolgo, poi le rimetto, e alla fine l’acqua esce, ma sempre per caso, cioè quando vuole lei. Quando il getto finisce, rimetto le mani nella stessa identica posizione: l’acqua non esce più, e
allora ricomincio dall’inizio.
Tu come le metti le mani? Io in posizione tipo preghiera. E quando sono lì con le mani giunte sotto il lavandino prego sinceramente che l’acqua esca, insieme a un’altra cosa che non
esce mai dalla mia testa.
Forse dovrei iniziare a portarmi dietro delle salviette.

Edoardo

venerdì 20 agosto 2010


Non amiamo mai nessuno.

Amiamo solamente l'idea che ci facciamo di qualcuno.

E' un nostro concetto (insomma, noi stessi) che amiamo.

Questo discorso vale per tutta la gamma dell'amore.

Nell'amore sessuale

cerchiamo il nostro piacere ottenuto attraverso

un corpo estraneo.

Nell'amore che non è quello sessuale

cerchiamo un nostro piacere ottenuto attraverso

un idea nostra […]

I rapporti fra un'anima e un'altra,

attraverso cose tanto incerte e divergenti come le parole comuni

e i gesti che si intraprendono, sono materia di strana complessità.

Perfino l'arte, nella quale si realizza la conoscenza di noi stessi,

è una forma di ignoranza.

Due persone dicono reciprocamente

“ti amo”, o lo pensano,

e ciascuno vuol dire una cosa diversa,

una vita diversa,

persino forse un colore o un aroma diverso,

nella somma astratta di impressioni

che costituisce l'attività dell'anima.

Oggi sono lucido come se non esistessi.

Il mio pensiero è evidente come uno scheletro,

senza gli stracci carnali dell'illusione di esprimere.

E queste considerazioni che faccio e abbandono

non sono nate da niente:

o almeno

da nessuna cosa

per lo meno che sieda nella platea della mia coscienza.



Fernando Pesssoa,

Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares

giovedì 19 agosto 2010

In cima


Anche quest'anno in cima,

ormai ho deciso:
le candeline le spengo non sotto ai 3000.
Chi viene?

Il progetto vorrebbe essere ambizioso,
anche per una contadina montanara ignorante.
Vorrei valicare la Val Susa,
scalando il Rocciamelone (3538 mt)
attraversando il ghiacciaio
e arrivare nella val di Viù

per fare il bagno a Malciaussia (1800 circa).
Tornare piena di fatica
ma con troppe cose da raccontare
e i grandi silenzi delle notti alpine.
Se la neve non ce lo permette,
valicheremo un'altra volta
e si tornerà a casa un pò prima...


Ci vediamo
Martedì.
Chi c'è batta un colpo.


...pitost del pedho

l'è mejo pitost ...



piuttosto del peggio,

è meglio piuttosto...

mercoledì 18 agosto 2010

I 90 anni di Ray

"E ti piace giocare alle bocce,
vero Montag?"

"Oh, le bocce, si, moltissimo."
"E a golf?"
"Anche."
"Pallacanestro?"
"Un gioco bellissimo."
"Biliardo? Boccetta? Palla ovale?"
"Giochi magnifici, tutti!"
"Più sport per ognuno,
spirito di gruppo, divertimento, svago,
distrazioni, e tu così non pensi, no?
Organizzare, riorganizzare, superoganizzare
super-super-sport!
Più vignette umoristiche,
più fumetti nei libri!
Più illustrazioni ovunque!
La gente assimila sempre meno.
Tutti sono sempre più impazienti,
più agitati ed irrequieti.
Le autostrade e le strade di ogni genere
sono affollate di gente che va un po’ da per tutto,
ovunque,
ed è come se andasse in nessun posto.
I profughi della benzina,
gli erranti del motore a scoppio.
Le città si trasformano in auto-alberghi ambulanti,
la gente sempre più dedita al nomadismo va di località in località, seguendo il corso delle maree lunari …








Si teme sempre ciò che non ci è familiare.
Chi di noi non ha avuto in classe,
da ragazzini,
il solito primo della classe,
il ragazzo dalla intelligenza superiore,
che sapeva sempre rispondere alle domande più astruse mentre gli altri restavano seduti come tanti idioti di legno,
odiandolo con tutta l’anima?
Non era sempre questo ragazzino superiore che sceglievi per le scazzottature ed i tormenti del doposcuola?
Per forza!
Noi dobbiamo essere tutti uguali.
Non è che si nasca libero ed uguale,
come dice la Costituzione,
ognuno viene fatto uguale.
Ogni essere umano a immagine e somiglianza di ogni altro;
dopo di che tutti sono felici …
Gli esseri umani vogliono la felicità,
non è vero?
Non è quello che sentiamo dire
da quando siamo al mondo?
Voglio un po’ di felicità, dice la gente.
Ebbene, non l’hanno forse?
Non li teniamo in continuo divertimento,
non diamo loro ininterrottamente svago?
Non è per questo che in fondo viviamo?
Per il piacere e per i più svariati titillamenti?
E tu non potrai negare che
la nostra forma di civiltà non ne abbia in abbondanza,
di titillamenti …
Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici,
non presentargli mai due aspetti dello stesso problema,
o lo tormenterai;
dagliene uno solo;
meglio ancora, non proporgliene nessuno.
Fa’ che dimentichi che esiste una cosa come la guerra.
Se il governo è inefficiente,
appesantito dalla burocrazia ed in preda a delirio fiscale,
meglio tutto questo che non il fatto che il popolo abbia da lamentarsi.
Pace, Montag.
Offri al popolo gare che si possano vincere
ricordando le parole di canzoni molto popolari,
o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione
o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato. Riempi loro il cranio di dati non combustibili,
imbottiscili di fatti al punto che non si potranno neanche più muovere tanto sono pieni,
ma sicuri di essere veramente ben informati.
Dopo di che avranno la certezza di pensare,
la sensazione del movimento,
quando in realtà sono fermi come un macigno.
E saranno felici perché fatti di questo genere
sono sempre gli stessi.
Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo
come la filosofia o la sociologia
affinché possano pescare con questi ami
fatti ch’è meglio restino dove si trovano.
Con ami simili pescheranno la malinconia e la tristezza."




Ray Bradbury FAHRENHEIT 451

domenica 15 agosto 2010

Mai più...





Non più le stelle

dei tuoi occhi tornerò a vedere
Forse in un sogno
di notte mentre non dormo
Forse di giorno
tra un pensiero e un altro
Non più le stelle
del mio cuore tornerò a baciare

Non più le note
della voce tua mi accarezzeranno
Audioricordi
me la riporteranno
Quanto vorrei
poter dimenticare
Ma la memoria del mio cuore
non si può asportare

Mai più
il tuo amore sarò
il tuo nome dirò
Lo pronuncerò
piano
tra la terra e il cielo
Mai più
il tuo amore sarò
il tuo nome dirò
Lo pronuncerò
piano
quando soffia il vento


giovedì 12 agosto 2010

Ode al matriarcato...


A chi
in una tribù matriarcale
non ci è proprio voluto restare...