domenica 27 dicembre 2009



Ora
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Qui
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E' tutto l'oggi che ci serve
troppo di ieri
e abbastanza di domani.




"...
di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano,
uno dei più preziosi,
e più comuni al tempo stesso,
è il sonno.
Chi dorme poco o male,
sostenuto da molti guanciali,
ha tutto l'agio per meditare su questa voluttà particolare.
Ammetto che il sonno perfetto
è quasi necessariamente un'appendice dell'amore:
come un riposo riverberato, riflesso in due corpi.
Ma qui m'interessa quel particolare mistero del sonno,
goduto per se stesso,
quel tuffo inevitabile nel quale l'uomo,
ignudo,
solo,
inerme,
s'avventura ogni sera in un oceano,
nel quale ogni cosa muta
- i colori,
la densità delle cose,
persino il ritmo del respiro,
un oceano nel quale ci vengono incontro i morti.
Nel sonno,
una cosa ci rassicura,
ed è il fatto di uscirne,
e di uscirne immutati,
dato che una proibizione bizzarra
c'impedisce di riportare con noi
il residuo esatto dei nostri sogni.
Ci rassicura altresì
che il sonno ci guarisce dala stanchezza;
ma ce ne guarisce temporaneamente,
e mediante il procedimento più radicale
riuscendo a fare che non siamo più.
Qui,
come in altre cose,
il piacere e l'arte consistono
nell'abbandonarsi deliberatamente
a quest'incoscienza felice,
nell'accettare di esser sottilmente più deboli,
più pesanti, più leggeri,
più vaghi dell'esser nostro.
Tornerò in seguito sulla popolazione prodigiosa dei sogni:
preferisco parlare di certe esperienze di sonno puro,
di puro risveglio,
che confinano con la morte e la risurrezione.
Cerco di riafferrare
la sensazione precisa di certi sonni fulminei dell'adolescenza,
quando si piombava addormentati sui libri,
ancora vestiti,
e dalla matematica o dal diritto
si era trasportati
d'un tratto
entro un sonno duro e compatto,
denso di energie potenziali,
tanto che vi si assaporava,
per così dire,
il senso puro dell'essere
attraverso le palpebre chiuse.
Evoco i sonni repentini sulla nuda terra,
nella foresta,
dopo estenuanti battute di caccia:
mi destava l'abbaiare dei
cani,
o le loro zampe ritte sul mio petto.
Era un'eclissi così totale che,
ogni volta,
avrei potuto ridestarmi diverso,
e mi sorprendevo
- mi dolevo, a volte -
della disposizione rigorosa
che mi riconduceva da così lontano
nell'angusta particella di umanità che è la mia.
In che cosa consistono
le caratteristiche alle quali teniamo di più,
se contano così poco per chi dorme,
e se per un istante,
prima di rientrare di malavoglia nel mio guscio di Adriano,
giungevo ad assaporare quasi coscientemente quell'uomo vuoto di sè,
quell'esistenza senza passato?
...
Ma ci occupiamo tanto poco
di un fenomeno che assorbe
almeno un terzo dell'esistenza di ognuno di noi
perchè è necessaria una certa dose di modestia per apprezzarne i doni:
Caio Caligola e Aristide il giusto
si equivalgono nel sonno.
Io depongo i miei vani e pomposi privilegi,
non mi distinguo più dal guardiano negro
che dorme di traverso davanti alla mia porta.
Che cos'è l'insonnia
se non la maniaca ostinazione della nostra mente
a fabbricare pensieri,
ragionamenti,
sillogismi
e definizioni tutte sue,
il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi
o alla saggia follia dei sogni?
L'uomo che non dorme
- da qualche mese
a questa parte ho fin troppe occasioni di constatarlo su me stesso -
si rifiuta più o meno consapevolmente
di affidarsi al flusso delle cose."

Yourcenar, Memorie di Adriano




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