lunedì 23 agosto 2010

L'amore non si dice



Da il corriere nazionale...




Cosa sarebbe la letteratura senza gli amori infelici, impossibili, non corrisposti?
Il mal d’amore ha da sempre riempito pagine immortali:
ma è possibile scrivere d’amore senza parlarne, citarlo, dichiararlo?
Da questo interrogativo ha preso spunto Massimo Vitali, poco più che trentenne bolognese, con il suo primo romanzo intitolato proprio “L’amore non si dice” (Fernandel, pp. 176, 13 euro) in cui immagina una corrispondenza a senso unico tra l’innamoratissimo Edoardo e la disinteressata Teresa.
In cento lettere non d’amore, parlando di tutto ciò di cui è fatta la vita, dalle piccole cose ai grandi avvenimenti, passando per letteratura, musica e cinema, Edoardo dimostra che “l’amore è nell’aria” e forse essere innamorati rende migliori, anche se non sempre felici.
Sicuramente più creativi.
Abbiamo parlato del libro con l’autore.

In esergo al suo libro cita un brano da Zoo o lettere non d’amore di Viktor Sklovskij, in cui la protagonista rimprovera al giovane innamorato che il suo amore “è grande ma non gioioso” e quindi gli vieta di scriverle d’amore. È un omaggio, un’ispirazione, un punto di partenza?
«Libri come quello di Sklovskij sono un’inspirazione che segue un’espirazione, un ciclo di respirazione completo necessario quando succede di incontrare libri così, che alla sola di idea di partenza ti fanno perdere fiato:
parlare d'amore senza nominarlo mai.
Vuole mettere una qualunque dichiarazione d’amore rispetto a una che ti parla di mensole da bagno, guanti di pelle, sudore di Elvis, muscoli, cicale pistacchi e lavandini?»

C’è qualcosa di peggio di un amore non corrisposto?
«Un amore non corrisposto non è necessariamente una tragedia.
Ci sono persone che ci rimangono secche e altre come Edoardo
- il protagonista del romanzo -
che se corrisposte, non so quanto sarebbero felici.
Quella che ad alcuni può sembrare una tragedia,
per altri è vita:
l’autore ad esempio non avrebbe scritto nessun libro;
il lettore avrebbe letto un altro romanzo;
questa intervista non sarebbe esistita.
C’è poco da fare, l’amore non corrisposto è un ciclo di vita necessario a tutti».

Il libro è scritto con uno stile così surreale e lieve, che sembra un moderno parente del surrealismo da Queneau al Vian de La schiuma dei giorni: si ritrova in questa percezione? C’è una precisa scelta stilistica dietro o ha più a che vedere con il suo modo di essere?
«È un modo carino per chiedermi “ci sei o ci fai”?
A parte quelle grammaticali penso non ci siano regole nella scrittura,
ma se devo sceglierne una scelgo “scrivi ciò che sai”.
Ho scritto quello che sapevo, nel modo in cui sono.
Quindi per tornare alla sua domanda, quella reale, direi che ci sono.
Per esserci come ci sono io, scrivo da tanti anni e leggo da più del doppio.
Non ho scelto volontariamente nessuno stile se non quello della pratica della lettura,
della scrittura, e della vita che il tempo ci fa passare sopra».

Chi è il suo lettore ideale? E per conquistare quello non ideale, cosa lei direbbe circa il suo romanzo?
«Se posso essere sincero penso che il mio lettore ideale coincida con quello non ideale, e sia quello che legge il “Corriere Nazionale”».






L’amore non si dice
di Massimo Vitali





«Epistula non erubescit» (La lettera non arrossisce).
Ciceron Epistulae ad familiarem, 5,12





Con parole diverse
dire la stessa cosa,
sempre la stessa.
Sempre con le stesse parole
dire una cosa del tutto diversa
o la stessa in modo diverso.
Molte cose non dirle,
o dire molto
con parole che non dicono niente.
Oppure tacere in modo eloquente.
Hans Magnus Enzensberger Opzioni per un poeta





Stanca di ricevere le solite lettere raccomandate, con la minaccia che alla successiva gli avrebbe incendiato la casa e anche la macchina, Teresa impose a Edoardo il divieto assoluto di scriverle. O, perlomeno, niente più lettere d’amore. Oltretutto raccomandate, che diamine. A tutto c’è un limite. Con chi credeva di avere a che fare? Tutte quelle smancerie come arancino, mandarino, fragolino; tutti quei “mio” spalmati in continuazione, mia delizia, mia luce,mio dattero e mia insulina; tutti quei “ti” seminati dappertutto, ti adoro, ti penso tutti i giorni anche la domenica, ti porto al mare anche se piove, ti amo come un impermeabile; tutte quelle unità di misura scomodate a sproposito, ti voglio a decibel, a litri, a gradi, a Mercalli, e tutte quelle altre inesauribili trovate che lui sfornava senza sosta, su di lei avevano l’effetto di un cavatappi avvitato sul naso, tanto che spesso si era domandata se non fosse il caso di fargli rispondere da un avvocato, un dobermann, un gruppo di ultrà olandesi.
Così, per non aggiungere mattoni a quel muro che già lo separava da lei, dal momento che di lei gli sarebbe bastato anche un solo bacio chiuso sott’olio, Edoardo accettò le sue imposizioni e cominciò a spedirle lettere via posta ordinaria parlandole di tangenziali e lavandini, di sua sorella e Napoleone, del vento e del pistacchio, di muscoli e poesia, di Picasso e caminetti, di Dio e le cicale. Insomma, Edoardo finì col parlarle di tutto, davvero di tutto, fuorché di ciò che proprio non poteva dire, in altre parole: l’amore.



1. Lettera sulle vite come dentro ai film


Cara Teresa,
perdonami se in queste mie prime lettere farò talvolta qualche digressione, ma sai sono le prime, non è facile parlare d’amore senza lasciare qualche traccia. Mi devo un po’ abituare. Ti amo. Dicevo: quando sei solo e stai pattinando su un lago gelato in condizioni estreme, quelle per intenderci in cui il ghiaccio è più sottile e occorre ascoltarne il rumore per seguire il percorso
migliore, la cosa più brutta che ti può capitare è che il ghiaccio ti si spezzi sotto i piedi.
Se invece stai affogando tra tanta gente dentro una piscina, la cosa più bella che ti può capitare è di essere salvato da una donna incantevole che sta facendo il corso di bagnino insieme a te, e tu non hai detto a nessuno che non sapevi nuotare, ma a quel punto lo hanno scoperto tutti.
I fatti della vita non sono mai casuali: ti ricordi come ci siamo conosciuti? Io perfettamente, ma solo fino a un certo punto.
Fino a un certo punto perché un morto che sprofonda trascina i ricordi giù con lui, e quando mi hai salvato dalle acque io ho rivisto tutta la mia vita passare come in un film, no ad arrivare
a te, e a quei cinque uomini che mi hanno tirato su per darmi degli schiaffi, che io credevo fossero le pinne dei pesci, e poi mi hanno scartato dal corso, ma comunque i miei ricordi si fermano a te.
A te che dopo il salvataggio mi guardi con quello sguardo pieno di rimprovero, e io ti aspetto fuori dalla piscina perché dentro mi vergogno, e poi ti riaccompagno a casa a piedi perché la mia macchina è dal gommista, ma in fondo cosa importa, almeno ho imparato dove abiti.
Tranquilla, non userò più questo indirizzo per scriverti delle cose che non vuoi leggere. Ho comprato apposta un sacchetto di patatine, due di popcorn, e una bottiglia di chinotto da un litro.
Se lo sai, ti chiedo di non avere fretta con me: non dirmi come andrà a finire questo film. È appena cominciato.

Edoardo



2. Lettera di esempi sbagliati per dimostrare l’importanza della primavera

Cara Teresa,
da quando non ti scrivo più lettere raccomandate, ho perso il controllo della situazione. Se a questo ci aggiungi che per una sola gomma bucata ho ancora la macchina dal gommista e ho difficoltà ad orientarmi con gli autobus, capirai perché stamattina per andare al lavoro mi sono perso e sono finito all’ippodromo.
Come quello scrittore che beveva birra e scommetteva sulle corse dei cavalli, anch’io ho bevuto birra e scommesso sulle corse dei cavalli, perdendo tutto ciò che avevo in tasca, compreso il biglietto di ritorno. Allora sono rimasto sulle gradinate a scaldarmi la faccia al sole che di questi tempi, come avrai notato, si fa sentire spesso, al contrario di qualcun altro ma non è questo il punto.
Il punto è che mentre mi crogiolavo ai raggi del sole, ho pensato che la primavera ha almeno due lati positivi: il primo è che fa più caldo che in inverno, e il secondo è che se devi fare un viaggio le valige pesano di meno perché puoi metterci dentro capi più leggeri, e così la gente viaggia volentieri, e anche quando non viaggia sembra comunque più serena. Te ne accorgi ad esempio ogni volta che vai a lavare la macchina, che con il sole il lavagista ti sorride sempre e quando piove no, perché è chiuso e non può lavorare; oppure quando la domenica incontri per strada il barbiere felice perché il giorno dopo è lunedì e non lavora, che a pensarci bene il lunedì c’è anche d’inverno, com’è vero che anche in primavera può piovere, dunque diciamo che entrambi gli esempi non calzano a pennello, ma tu prendili per buoni lo stesso.
La verità è che all’ippodromo mi sono sbronzato abbastanza da arrischiarmi a prendere l’autobus senza biglietto, ritrovandomi faccia a faccia col controllore, che mi ha fatto la multa e mi ha invitato a scendere insieme a lui, proseguendo però a piedi con me, perché ormai era tardi, lui era stanco, e senza neanche accorgercene siamo finiti in un locale a parlare tutta la notte dei suoi problemi, dei miei, di quelli che avevamo in comune, fino ad ora che mi cade la testa da un lato, e ho una gran voglia di chiudere gli occhi e baciare una certa fotografia che tengo sul
cuscino, in mancanza dell’originale.

Edoardo



3. Lettera sulle cabine del telefono come pretesto sulla gelosia

Cara Teresa,
nel breve tragitto che da casa mia porta a casa tua, e da casa tua porterebbe in un lampo anche a casa mia, ieri ho notato due operai che smantellavano una cabina del telefono. Le vecchie cabine del telefono. Non so quante telefonate ti avrei potuto fare da quelle cabine telefoniche. Forse seicento. Magari mille.
O forse non eri tu: era un’altra.
Certo che era un’altra, ora ricordo. Gran donna è stata quell’altra a cui avrei potuto telefonare da quelle cabine di una volta. Le compravo fiori e cioccolatini tutti i giorni. Andavamo insieme al cinema, al teatro, al ristorante, e anche in macchina. Ci amavamo alla follia. Ci baciavamo pure col raffreddore. Era la ragazza più bella del mondo, e se la memoria non mi inganna sapeva anche l’inglese. Nessuna donna potrà mai eguagliarla. A gelosia come ti poni tu?
Dicevo, l’altro giorno ero lì che passavo davanti a una di quelle vecchie cabine del telefono quando all’improvviso mi è venuta un po’ di malinconia. Da quanto tempo non sento la tua voce?
Così, un po’ per necessità e un po’ per disgrazia, sono passato a trovare un amico.
Anche se non hai i capelli molto lunghi, un amico che fa il barbiere è sempre una buona spalla su cui sfogare le proprie pene. Una buona spalla a patto che la spalla su cui ci si deve sfogare non sia la tua.
Fissandomi dallo lo specchio senza badare ai capelli, il barbiere mi ha riportato per filo e per segno il pranzo del matrimoniodi suo cognato in cui era convinto di essere ingrassato almeno
di tre chili, e a tutti gli invitati gli scoppiava la pancia, tanto che per non finire il dolce uno si è buttato in piscina con le scarpe. Poi è passato a raccontarmi il matrimonio con sua moglie
– la stessa donna che origliava da dietro la stanza delle scope – e solo alla fine mi ha permesso di spiegargli come vedevo le mie nozze, ovvero in qualunque modo, in qualsiasi posto, basta che sia presto.
Più tardi, ma solo perché il mio taglio era terminato da un pezzo, e il signore che aspettava seduto alle nostre spalle sembrava urlare dai capelli, il barbiere mi ha salutato dicendomi che dalla settimana seguente si sarebbe trasferito in un altro quartiere, in un salone più grande insieme alla moglie, la quale, nel frattempo,era inciampata su una scopa mentre andava alla cassa per fortuna senza gravi conseguenze.
Visto che nonostante tutto siamo buoni amici, penso che continuerò ad andare da lui, anche se con l’autobus dovrò fare una strada più lunga, ma spero un giorno di poterti sposare lo stesso.

Edoardo






4. Lettera sulle preghiere dai lavandini

Cara Teresa,
quando mi hai detto di non scriverti più lettere d’amore, ti confesso che pensavo scherzassi. Gliel’ho chiesto ieri anche al barbiere. Secondo te scherza? Ho detto io. Secondo me sì. Ha
detto lui. E invece mi sa proprio che non scherzavi. Infatti cosa c’è da scherzare?
E allora seriamente: ma tu, quando vai in certi bagni che ci sono i lavandini con il getto automatico come nel bagno del barbiere, riesci a far scorrere l’acqua?
Io tutte le volte che metto le mani sotto l’acqua non esce mai.
Allora le tolgo, poi le rimetto, e alla fine l’acqua esce, ma sempre per caso, cioè quando vuole lei. Quando il getto finisce, rimetto le mani nella stessa identica posizione: l’acqua non esce più, e
allora ricomincio dall’inizio.
Tu come le metti le mani? Io in posizione tipo preghiera. E quando sono lì con le mani giunte sotto il lavandino prego sinceramente che l’acqua esca, insieme a un’altra cosa che non
esce mai dalla mia testa.
Forse dovrei iniziare a portarmi dietro delle salviette.

Edoardo

1 commento:

tina hyde ha detto...

mi piace un casino il blog!! complimenti!! (bello anche il verde dello sfondo!)