venerdì 8 agosto 2008

Tutti i miei uomini 2


Beh, ognuno fa quel che può. Chi tifa, chi gareggia, chi appende la bandiera del Tibet, chi fa il reporter sans frontier contro la censura cinese.

Ma qui da noi sembra di essere in un altro mondo, in un altro tempo. Sembra che le cose ci sfiorino e non ci tocchino, e se ci toccano il contatto è talmente leggero che non c'è traccia di esso.
Sembra quasi che le montagne filtrino e attutiscano ciò che non è di qua.

Non parlo più di politica coi miei amici, tanto so come va a finire.

E mi arrendo, a troppe cose, perchè sembra di avere a che fare con dei mussat (muli), e tanto son solche 'na femena comunista con un bel cul (e l'essere carine toglie credibilità, ma se sei brutta non hai nemmeno diritto di parola...)
Noi qui gareggiamo, noi ce ne catafottiamo e facciamo le OLIMPIADI del PROSECCO.
E auguri.

Ma gli voglio bene. Sono i miei amici, alcuni leghisti, molti astenuti, qualcuno che si ritiene impavido nel votare la sinistra moderata, a volte xenofobi.
Ma se hai bisogno si fanno in quattro.

E ' brava gente, di paese, di montagna, chiusi, ma con tanta voglia di scappare.
Siamo montagne.
E' difficile da spiegare.
Siamo ardui da scalare, sappiamo essere insidiosi, siamo a volte freddi perchè sulle nostre cime ci sono ancora immensi ghiacciai che tengono botta ai cambiamenti climatici e alla globalizzazione.
Siamo ostili.
Testardi
(quando abbiamo in mente una roba...).

I nostri torrenti freddi ci gelano il sangue
(ed è per questo che beviamo tanti alcolici, fa freddo quassù).

Siamo di roccia, siamo duri, niente ci fa vacillare, anche se a volte pezzi di noi franano schiantandosi al suolo con un gran boato, ma restiamo ammassi di Dolomiti.
Siamo veramente difficili, ma se riesci a conquistarci, come quando scali una montagna, allora avrai un'inestimabile ricompensa.

E non serve che io dica niente, loro sanno.
E allora mi portano al mare, con la mitica UNO fiat, musica dance anni '90, revaival delle feste delle medie, ricordi di adolescenza, e tante risate.

Quanta voglia di mare. E loro mi portano.
Mi grigliano le verdure mentre preparano la carne per loro
"Varda, secondo mi, tu xe da sposar, tu magna anca poc..."

Mi consolano perchè i loro occhi sono pieni di valori come i miei, di cuori strappati, azzannati e gettati in un angolo ma che non hanno perso la voglia e il coraggio di amare ancora, di nuovo, più di prima, occhi di speranza nel futuro.
Occhi che non mentono e non tradiscono.
Occhi fermi che tacciono, risoluti, ma comunque dicono troppo.
Occhi che raccontano di viaggi, de bale, di musica, di vita dura in fabbrica:
"E Dio XXXX l'è do mesi che no i me pagha, DIO XXXX, tra due mesi son senza un laoro, DIO XXXX"
Dove XXXX sta per qualunque cosa vi venga in mente.

Occhi brilli, sbronzi.

Occhi rossi. Di fatica. Di una giornata di lavoro, ma che non rinuncerebbero mai a una serata con gli amici che son tornati in paese da Torino, ma schersitu??
Occhi che quando incrociano il mio sguardo triste mi sussurrano
"speta che'l cate mì, e lo cope, seco!!"
Sono sempre stata la loro cocca. L'unica femmina che resiste da tempo immemore nel gruppo, e il loro istinto di protezione nei miei confronti è incredibile. A volte esagerato.

E le loro bocche, colorate de vin moro, perchè sono uomini che amano L'OMBRA (in dialetto l'ombra è un bicchiere di vino) ed è un amore corrisposto, pericolosamente.
Bocche che contengono a fatica parole che scavalcano le labbra per comporsi in incomprensibili biascichi.

Le loro labbra che sorridono, poi ridono sempre più sguaiatamente, o che hanno sempre una parola, una battuta che mi fa ammazzare dalle risate.
Bocche che parlano la mia lingua.
Bocche nascoste da baffi e barba.
Bocche che tramandano le tradizioni dei veci, che hanno memoria di racconti e consigli contadini.

Le mani, che sanno fare tutto. Tenere un ascia e fare legna. Avventurasi nel motore di un auto per farla ripartire,
mani col nero nefando della fabbrica che non va più via,
mani che si tendono verso di me per aiutarmi a salire su un ripido pendio,
mani che mi passano un bicer de vin,
mani bianche da persone studiate,
mani sudate, grandi e pelose,
mani che caricano un fucile,
mani nude.

Mani che scavano la terra,
mani che piantano semi e raccolgono frutti.
Mani che pizzicano le corde di un basso,
che percuotono la pelle tesa di un bongo,
che incalzano e enfatizzano immagini e parole


E li guardo. E so che sono una parte di me, una bellissima parte di me. Alla quale non voglio e non vorrò rinunciare, e c'è come un sottile filo che ci lega gli occhi, tra di noi, e una specie di complicità per cui qualunque cosa succeda rimarremo legati. Anche a chilometri di distanza, ad anni di tempo.
Loro sono stati la mia infanzia,
la mia adolescenza
e parte della donna che sono ora.

Loro sono tutti i miei uomini


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