sabato 14 giugno 2008

SONO LORO!

LORO!


LE REGINE GUERRIERE DEL RUGBY!


SI, REGINE E
GUERRIERE
DI UNO SPORT SPETTACOLARE
CATIVO!

MA ANCHE NOBILE.


"Tre movimenti: salto, gomito nell'occhio dell'avversario, ballon in man, l'arbitro, silente, approva. Tuttoduro, è tutto duro a rugby, impari robe bellissime, durissime in allenamento. Alcune che non saia cosa servono, forse a spaventare l'avversario, ma sono bellisime; con tarcisio allenamento sempre duro. Una volta gli faccio: Tarcisio non se poria far un allenamento blando?
Mai visto il prete così nero, ferma tutti e fà: Mi no digo gnente ma gnanca no taso. Perchè voi allenamento blando?
ma perchè sono un non violento.
se ti danno uno schiaffo, tu devi porgere l'altra guancia, sta scritto sul Vangelo.
Ma è sottinteso che prima ti gà da tallonarlo, ribaltarlo, metterlo sotto e dopo porgerghe l'altra guancia e dirghe: "Vutu provare?"...Questa non è una caserma, qua niente nonnismi, ma per tutto il resto niente mentine, in campo lotta dura senza paura!Alè!Correre!
Correre!Placcare!Touche!Mischia!
Correre!Placcare!Touche!Mischia!
Correre!Placcare!Touche!Mischia!
Lunedì, mercoledì e venerdì, allenamento.
Che bello, no, quando il tuo corpo ti dice "sei allenato" e come fà a dirtelo? Facile :crampi ai polpacci e fitte alla milza, se insisti, peggiora.
M. Paolini"


Queste nuove guerriere le eleggiamo a nostre eroine!
Qui sopra di ragazze che giocano in iran, contro tutto, la società, le buone maniere, le leggi basate su false religioni che le vorrebbero sottomesse e rinchiuse in casa, SENZA PASSIONI.
e ci cono anche le nostre, ITALIANE.

ROMA - Gli uomini della mischia,
dicono di se stesse quando s'ammucchiano contro le avversarie.
Ma non sono uomini, sono donne.

"E' un modo di dire.
Quello corretto, le donne della mischia, forse farebbe ridere".
Giuliana Campanella è arrivata da Auckland con i due figli per poter essere in campo venerdì a Dublino contro l'Irlanda nella prima partita del Sei Nazioni femminile di rugby.

"Quando prolungo l'allenamento e preparo qualche calcio tra i pali Patrick, che ha tre anni, mi fa 'the last one, mommy, please', mentre Chiara che ha sei mesi bruca il prato".
Daniela Gini è romana, capitana della Red&Blu, figlia di giocatore e moglie di giocatore, come gran parte di questa tribù di ragazze che è cresciuta con il rugby in famiglia.
"Era il novembre 2005, sono andata in meta, mi si è storto il piede con frattura dei malleoli e del perone. Li ho rigirati, rimettendoli a posto con le mie mani. Al medico che mi portava fuori e scherzava ho detto: se non piango non vuol dire che non mi faccia male".
Daniela è la faccia glamour della nazionale, con un suo generoso decolletè ha fatto la sua apparizione-choc a una manifestazione nella provincia di Roma:
possono essere così le giocatrici di rugby?, si chiedeva Gasbarra.

Il corto circuito tra bellezza e scontro fisico è tutto nella testa di chi sta fuori:
per loro che in campo mettono la faccia è tutto normale.
Rimmel e fango, tackle e biberon, il combattimento e la carezza, tutto stride con l'immagine della donna.
Come stride Paola Zangirolami, 23 anni, da Monselice, uno scricchiolo di un metro e 60, con due occhi azzurri e i riccioli biondi, campione d'Italia con il Riviera del Brenta.
E' il talento dell'Italia del rugby, ma è con queste forze che dovremo combattere i donnoni del nord, le gigantesse inglesi e quegli altri personaggi sparsi nelle altre squadre come la famosa 'Ugo' della Francia o 'Manolo' della Spagna, così chiamate per la loro scarsa avvenenza.


I commenti più frequenti: ma che le donne giocano a rugby?
Oppure: ma le donne devono stare a casa.
Oppure: ma che mi stai a prendere in giro.
La dimostrazione migliore sarebbe un placcaggio assassino lì sul posto, ma le ragazze fuori dal campo si inteneriscono.
"Le belle sono belle e le brutte brutte. C'è chi ha figli e chi è 'maschile'.
Ma perché, gli altri sport non tolgono femminilità? Andate a vedere le botte che si danno in una partita di basket" dice Michela Tondinelli, mediano di apertura della Benetton, la squadra che ha introdotto il rugby femminile in Italia negli anni '80, vincendo poi 19 scudetti consecutivi.

A ferirle non è il maschilismo estetico ma la clandestinità in cui vivono.
Non ci sono televisioni per loro, niente dirette, quindi niente sponsor. La federazione le onora con una diaria di 26 euro al giorno: Daniela affida la figlia a nonni e zii, le altre prendono le ferie, e c'è chi non fa vacanza per lustri.
E' ancora il mondo del dilettantismo puro e dell'allattamento a bordo campo.
"Ma i nostri terzi tempi sono fantastici", leggendario quello di Cagliari, dove le squadre ospiti della Grazia Deledda (come se la Roma o la Lazio si chiamassero Alberto Moravia) vengono festeggiate con malloreddus, culurgiones e seadas.
Niente catering, tutto fatto in casa delle giocatrici.

E' l'unica concessione alla cultura della donna così com'è stata codificata da chi la vuole casalinga e mamma: ma giocare a rugby è una forma di protesta o di emancipazione?
"So soltanto che giocare vuol dire avere coraggio, mettersi alla prova, accettare le sfide.
E poi ci piace il contatto fisico", dice Daniela.
[...]
Lo dicono tutte: il confronto con i maschi è sempre presente. Forse i numeri sono troppo piccoli per rivelare una tendenza sociologica ma è significativo un altro dato: sotto Roma non ci sono squadre ma sperdute unità, eroine sole in campi spelacchiati della Sicilia. "Una vergogna" mugugna Giuliana Campanella, che è messinese, protagonista di una stagione in cui a Messina una squadra, e forte, c'era. Giuliana vive nel paradiso del rugby: e avere un marito neozelandese aiuta nel babysitteraggio. La Zangirolami insegna e studia, la Gini è contabile, la Facchini è veterinario, le sorelle Schiavon, Veronica e Valentina, una laureata in lingue orientali, l'altra è imprenditrice.
E' un mondo colto, un'umanità diversa da quella delle veline o delle aspiranti al Grande Fratello. "Ragazze che vogliono apparire per gli altri.
Che non rischiano le mani.
Che non si sdraiano sulla compagna a terra per proteggerla" dice Daniela.
Un mondo colto com'è nella tradizione del rugby, sport delle élite.

[...] L'impegno della Federugby viene definito da tutte "umano più che economico": le ragazze arrivano al loro Sei Nazioni con solo una settimana di ritiro e nessuna amichevole di preparazione. Ma anche i maschi erano in queste condizioni cinquant'anni fa, senza risultati, senza soldi, senza tv.
[...]
Basterebbe una vittoria per fare emergere le protagoniste di un mondo che è fatto di botte, di lividi che passano nella notte e il giorno dopo c'è il bambino da portare all'asilo o l'ufficio da raggiungere.
Per ascoltare poi la solita frase: donne e rugby, ma che mi stai a prendere in giro?

di CORRADO SANNUCCI

1 commento:

Mavia ha detto...

Ed eccola qua, la vita come piace a me. RESISTERE. In campo. In squadra. Lotta dura senza paura. E se magni fango per dieci minuti, dopo sai come apprezzi gli spaghetti.
Se ciapi tante botte, dopo impari anche a darle. Non ci si lascia trasportare dagli eventi. Si lotta per plasmarli. Non ci riesci? Battersi è comunque una vittoria. Ti ciapi un occhio nero, pazienza, passa. Sai che male? Ma passa.
E su!!!!impariamo da Don Tarcisio a porgere l'altra guancia!Il bello della vita è correre sempre verso la meta, e no fare "balla omo", ma stendersi sul corpo di una compagna per proteggerla.
Le ballerine, fatele voi!!!!!