martedì 1 luglio 2008



Avevo otto anni quando capii chi ero.

Un mattino di primavera, in gita scolastica con le mie compagne.
Giungemmo in un prato pieno di sole, ai piedi d una montagna. Tutte si misero a giocare, io restai in disparte, stordita, dalla luce e dallo spazio. E vidi, lontano, un albero. un grande noce frondoso.
Era l'unico albero nel mare d'erba, sembrava il relitto di un naufragio.

Mi avvicinai e vidi che aveva i rami contorti, come per un secolare dolore, e sul tronco c'erano nodi e cavità, ogniuna mi sembrava una bocca spalancata in un grido. Sotto la sua ombra, l'erba era secca.
Le foglie erano agitate e scosse da un vento inspiegabile, perchè tutto intorno l'aria era di una calma assoluta. e tra i rami non si udiva alcun un canto d'uccello, anche se il cielo era pieno di voli.
Appena entrata nell'ombra, senti il gelo. E mi parve che i rami iniziassero a muoversi come braccia, a circondarmi.
Una voce venne da una delle bocche del tronco.

-Il mondo non ti amerà sorella-diceva.
[...]
Capii perchè i gatti mi venivano vicino, ovunque io fossi. Perchè mi fermavo a contare i sassolini e i granelli di sale. Perchè l'odore dell'aglio mi faceva star male. Perchè mia madre con un solo sguardo, faceva zittire le persone. perchè sognavo sempre di volare. Perchè ero così solitaria. Perchè come dicevano le mie amiche, un giorno sembravo brutta, l'altro bellissima [...] Entrai in camera di mia madre. Non parlai, lei sapeva leggere i miei pensieri. Mi abbracciò e disse: _Questo è il nostro segreto da molte generazioni. Tu Berenice, io Lucrezia, Zia Morgana la civetta, nonna Raffaella l'incantaserpi, e la tua bisnonna Eufrasia dei veleni. E' un segreto da non divulgare a nessuno. Neanche il tuo povero padre ne era al corrente.

Preparati a nasconderti e a resistere, figlia mia.


I roghi sono ancora accesi. E' una vita dura. E non volle raccontarmi altro. Andai in camera mia molto turbata. Nella penombra vidi arrivare Ambrosia, la mia gatta nera. Socchiuse gli occhi e disse: -E' una vita dura. Ma ha i suoi vantaggi. E rise mostrando allegra i canini. La scoperta per metà mi spaventò e per metà mi inorgoglì. Ma soprattutto mi rese perplessa. Ero una strega e allora? Non avevo chiaro cosa questo comportasse. Dovevo preparare filtri magici, volare su una scopa, ballare sotto la luna? Mia madre mi rassicurò. Dovevo imparare a cucinare, andare a scuola in bicicletta e suonare la chitarra. Tutto normale. Ma presto capii che non era facile. Quando avevo circa quattordici anni, ogni notte di luna piena le finestre si spalancavano di colpo, e mi sembrava che una voce mi chiamasse. A volte una voce bassae roca d'uomo, a volte voci sussurranti di donne.Mi attiravano libri assai diversi da quelli scolastici. E soprattutto, come se avessero intuito qualcosa, le mie compagne di scuola presero a deridermi per il mio aspetto. Vestivo infatti di nero e un pò trasandata, avevo il quaranta di piede e non portavo scarpine col tacco, ma scarponcini neri sformati. Già allora mia accorsi che potevo essere brutta e insignificante, e in un attimo accendermi di una bellezza improvvisa, selvatica. Ma temevo questa mia trasformazione, e preferivo sembrare una vampiretta pallida. specialmente una mia compagna di scuola Cinzia detta Cindy, era accanita nei miei confronti. Era piccola e graziosa, con gli occhi azzurri, beniamina di tutti gli insegnanti. Indossava sempre magliette con angeli, panda, colombe e altre crature salutari. Ma era infida e maldicente
[...]
Credi che Lillo possa interessarsi ad una bruttarella come te? Guai a te se ci riprovi, streghetta invidiosa. Era la prima volta che qualcuno mi chiamava strega. Decisi di non rispondere agli insulti, anche se Cindy insisteva [...] Ma mi cadde lo sguardo sul suo zainetto. Era decorato con frasi sdolcinate sempreinsieme mimanchitù, cuoricini e stelline d'oro, e soprattutto da ogni lato pendevano grappoli di pupazzetti, orsetti, coniglietti, lepruncoli,dainetti, sorcioli, porcelluzzi e alciuzze. Mancava solo una piccola iena. [...]Puntai un dito, come in trance. Uno degli orsetti sembro animarsi, dondolò e le colpì un orecchio. Lei lo scostò con una mano. Un panduccio e una volpetta le morsero la mano. Un istante dopo tutto lo zoo dello zaino si scatenò, e uno sciame di bestiole furenti le si precipitò addosso pizzicandola, facendole il solletico, mordendola. Cindy gridava gesticolava e chiedeva aiuto. Ma solo io e lei vedevamo questa scena. Nessun altro capiva il suo comportamento, e quel suo strano dimenarsi. Alla fine, nel tentativo di liberarsi di un coniglietto mannaro che le si era aggrappato ad un labbro, si colpì il naso e il sangue colò fuori.
-Ma Cindy sei pazza?- disse Giuly, e in tre o quattro la fermarono.

-Lei, -disse indicandomi-lei è....lei è una strega....ha trasformato i miei animaletti in belve...

-Cindy cara,-dissi con voce tranquilla-
tu studi troppo.

La sera la mamma mi rimproverò.
-Non usare mai i tuoi poteri,-disse-è l'unico modo per non farti scoprire.
[...]
I roghi sono sempre accesi, Berenice.
[...]
Oltre a Cindy avevo un'altra nemica. La Serini, professoressa di italiano, una bigotta razzista, gentile con le bambine ricche e sprezzante con i figli di immigrati. Mi sequestrava i libri di Poe e Lovecraft dicendo che no era letteratura. Teneva prediche interminabili sui limiti dell'arte, che è sottomessa alla fede, al buonsenso e alla decenza. La letteratura per lei era fatta di scrittori religiosi e virtuosi.
Lo stesso Dante nell'Inferno aveva esagerato. La letteratura moderna era un coacervo di blasfemia. Lewis Carrol bruciava all'infernoecon De Sade e Pascoli.
Ovviamente mi odiava. Ogni mio tema era "fuori tema", oppure "inutilmente polemico", oppure "zeppo di idee banali e anticonformismo d'accatto". [...] In questa stanza tu vedi appeso al muro un crocifisso., esponi un piccolo tema ad alta voce_ Il crocifisso, unica via di salvezza per tutti gli uomini. Cosa rispondi ai malvagi e agli infedeli che vorrebbero toglierlo o o sostituirlo con simboli idolatri? -Ehm...- dissi inghiottendo. - E non tenere le mani dietro la schiena non sei sul patibolo. La guardai. La riconobbi, seicento anni dopo. Suor Serina delle Beate Forbicine, braccio destro del cardinale Cramerius, terrore di tutte le sorelle streghe. Quasi senza volere, il mio dito si alzò contro il suo viso. Ebbi l'impressione che le sue mascelle si serrassero di scatto, e gli occhi le si spalancarono di terrore. Respirava rumorosamente dal naso. Non poteva aprirela bocca ne parlare. E così iniziai: -Il crocifisso in quest'aula è il simbolo di un culto assai diffuso nel nostro paese. Pur sapendo che molte persone di buon cuore praticano questa fede, non posso non rilevare che in nome delle grandi religioni monoteiste sono stati commessi alcuni tra i più grandi crimini della Storia. Inoltre, è costume degli intolleranti chiamare malvagio, infedele e idolatra chiunque non appartenga al loro credo. Quindi questo crocifisso non è la salvezza per tutti gli uomini e le donne della Terra, ma tutt'al più è di conforto a una parte di loro. Mentre in ogni parte paese e deserto e montagna e isola e bosco altri dei buoni o malvagi vengono adorati, appesi ai muri e portati in processione e in battaglia. E' d'accordo con me?- Dalla sua bocca uscì un mugolio indistinto. Cercò di alzarsi dalla sedia. Le puntai nuovamente il dito contro. -Capisco che le mie tesi la affascinano. se è d'accordo, faccia si con la testa. Lei annuì, terrorizzata. -Grazie dell'incoraggiamento. Perciò a coloro che vorrebbero togliere questo crocifisso rispondo che mi sembrerebbe un'inutile intolleranza, pur essendo noi (o essendo stati) uno Stato laico. Ma al muro appenderei anche una maschera di Krokopiluk, dell'isola di Tuhamuktu, dio della pesca e del sesso sicuro. E forse anche del drago Huang-Tse, protettore dei bocciati in matematica. E ci metterei Loki, simpatico dio del Walhalla. E il dio eschimese Hut metà uomo e metà foca. E vicino, alla lavagna vedrei bene un totem pellerossa assai decorativo.
Ne conviene?
Essa annuì, ansando.
-Ma soprattutto metterei vicino al crocifisso, cioè al ricordo di un brutto momento della vita del Nazareno, qualcosa d'altro. Ad esempio un quadro, o una miracolosa foto che ritrae Gesù con Maria e Giuseppe al mare, in costumino, con il gelato in mano. A ricordare gli istanti felici della vita di questo profeta, e che spettano e sono augurabili a tutti i bambini.
Se mi da otto batta la matita sul tavolo due volte.
-
E così fece.

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